Caso Eitan, il Riesame conferma: nonno da arrestare. Bimbo «rapito» e portato in Israele dopo la tragedia della funivia

Il piccolo Eitan con il nonno materno
Il piccolo Eitan con il nonno materno
Lunedì 22 Novembre 2021, 19:42 - Ultimo agg. 23 Novembre, 10:02
4 Minuti di Lettura

I giudici del Tribunale del Riesame di Milano confermano: il nonno materno di Eitan va arrestato per sequestro di persona e trattenimento di minore all'estero, nel caso specifico Israele. Il collegio ha bocciato il ricorso della difesa dell'uomo: confermata l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Pavia, a carico di Shmuel Peleg, accusato di aver rapito il nipote Eitan. Il bambino di 6 anni, è l'unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone del 23 maggio: venne portato a Tel Aviv l'11 settembre dall'attuale indagato, 58 anni, finito nei guai per aver sfruttato a proprio vantaggio una visita che gli era stata concessa, dopo essersi presentato a casa della zia paterna Aya Biran, tutrice legale del piccolo.

L'accusa di sequestro di persona

La decisione è stata depositata dal Tribunale del Riesame di Milano (giudici Gerli-Alonge-Cucciniello) dopo l'udienza di cinque giorni fa in cui i legali del nonno materno del bimbo, conteso tra i due rami familiari, avevano discusso contestando la qualificazione giuridica delle accuse: sequestro di persona e sottrazione e trattenimento di minore all'estero. I fatti, hanno sostenuto i difensori, ovvero il trasferimento del bimbo in Israele, sono chiari, ma per loro non si sarebbe trattato di un sequestro, perché non ci fu costrizione né fisica né psichica. Oggi, però, è arrivato il dispositivo di conferma del provvedimento del gip Pasquale Villani che ha ordinato il carcere anche per Gabriel Alon Abutbul, «soldato di ventura» dell'agenzia di contractor statunitense BlackWater, che avrebbe aiutato Peleg nel suo piano.

 

Era lui, stando alle indagini della Squadra mobile, del procuratore aggiunto Mario Venditti e del pm Valentina De Stefano, alla guida della macchina da Pavia fino all'aeroporto di Lugano, dove il nonno e il nipote partirono con un aereo privato. «Riportare 'a casa' il bambino - ha scritto il gip - e cioè 'trasportarlo' in Israele ha corrisposto forse a una legittima, e finanche comprensibile aspirazione a che questi crescesse in una più stretta connessione verso le proprie radici ebraiche». Tuttavia, Peleg non ha considerato che Eitan «non era un oggetto» ma «una persona in condizioni di indicibile fragilità».

Chiesta l'estradizione dei due indagati

La Procura generale di Milano, nel frattempo, ha chiesto l'estradizione dei due indagati, trasmettendo gli atti al Ministero della Giustizia e si è aperta la fase del dialogo tra le autorità dei due Paesi. Al momento il mandato d'arresto internazionale, seguito all'ordinanza, non è stato eseguito. Più probabile che possa essere applicato se i due indagati venissero trovati in un altro Paese. Il legale Paolo Sevesi, che difende Peleg, attende di leggere le motivazioni del Riesame e poi valuterà il ricorso in Cassazione. Nel frattempo, il bimbo è ancora in Israele con la zia, dopo due decisioni favorevoli da parte dei giudici israeliani che hanno riconosciuto la sottrazione internazionale sulla base della Convenzione dell'Aja. Anche l'esecutività dell'ultimo verdetto, però, è stata sospesa in attesa della pronuncia della Corte Suprema. In sede civile, infine, tra il Tribunale di Pavia e quello dei minorenni di Milano i legali dei nonni materni (la nonna Esther Cohen è indagata per concorso nel sequestro) hanno depositato diverse istanze.

E dal legale Sevesi è arrivata una denuncia: «Dopo che il tribunale per i Minorenni aveva raccomandato riserbo agli avvocati, il Procuratore della Repubblica dello stesso Tribunale è apparso da Bruno Vespa; il Procuratore della Repubblica di Pavia addirittura ha emesso un comunicato stampa prima dell'esecuzione dell'ordinanza custodiale a carico di Peleg». E ancora: «Prendo atto dell'esposto all'ordine recapitato a tempo record a Massimo Giletti», perché se tutto il resto «può passare sotto silenzio, se un giornalista televisivo osa fare domande che insinuano dubbi, questo deve essere imbavagliato».

© RIPRODUZIONE RISERVATA