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Roma, operava al posto del padre: figlio del chirurgo a processo. Almeno 52 gli interventi contestati

Roma, operava al posto del padre: figlio del chirurgo a processo. Almeno 52 gli interventi contestati
Roma, operava al posto del padre: figlio del chirurgo a processo. Almeno 52 gli interventi contestati
di Francesca De Martino
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 3 Marzo 2022, 07:00
3 Minuti di Lettura

Era solo un medico specializzando, ma in sala operatoria sarebbe intervenuto al posto del padre primario in almeno 52 interventi chirurgici, avvenuti tra il 2017 e il 2018 nel reparto di Urologia dell’Ospedale San Filippo Neri.

Una circostanza che non sarebbe stata segnalata nelle cartelle cliniche dei pazienti, nelle quali sarebbe stato inserito invece solo il cognome e non il nome completo dell’esecutore materiale delle operazioni. Questa è la tesi dell’accusa che ha portato a processo, davanti al Tribunale monocratico, un medico romano di 37 anni, Matteo Sampalmieri. Il pm Mario Pesci gli contesta il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, che prevede una pena fino a sei anni di reclusione. Nel procedimento, in concorso con il figlio, per la stessa accusa, era coinvolto anche il padre, il primario Gregorio Sampalmieri, intanto deceduto. 

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I fatti contestati dalla Procura si sarebbero consumati dal 2017 a maggio 2018. In realtà il giovane sarebbe stato da solo in sala operatoria. Secondo quanto ricostruisce l’accusa nel capo d’imputazione, «con più azioni esecutive di uno stesso disegno criminoso» l’imputato, in qualità di medico specializzando in urologia e il padre, medico primario del reparto di urologia dell’Ospedale San Filippo Neri avrebbero agito «in concorso tra loro, in quanto pubblici ufficiali nello svolgimento delle loro funzioni e abusando delle loro qualità, attestando falsamente e omettendo di specificare nelle cartelle cliniche degli interventi che gli stessi (interventi) erano effettuati non dal padre primario, ma dal figlio riportando solo il cognome nei citati atti pubblici, pur in presenza di un timbro riconducibile al primario». Per i pm, il medico 37enne sarebbe stato privo delle necessarie autorizzazioni e abilitazioni, annotano i magistrati nel fascicolo, senza la presenza di tutor, ovvero di chirurgo anziano responsabile». 

Gli interventi fatti dall’imputato, per i magistrati, in autonomia, in base a quanto riportato nel capo d’imputazione, sarebbero 52 in totale. Nel 2017 l’allora medico specializzando avrebbe fatto «29 interventi chirurgici – scrivono i pm – di cui 25 eseguiti come operatore unico e 4 come primo operatore, individuati e selezionati dal personale della Commissione di valutazione nominata dal Direttore generale dell’Asl Roma 1». Nel 2018, invece, l’imputato avrebbe portato a termine «22 interventi chirurgici – si legge sempre dal capo d’imputazione – di cui 13 eseguiti come operatore unico, cinque come primo operatore e quattro come secondo operatore, individuati e selezionati dal personale della direzione sanitaria del San Filippo Neri».

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La denuncia era partita dall’allora direttore dell’Asl Roma 1 che aveva documentato alle forze dell’ordine la presenza attiva non autorizzata, come medico di sala operatoria, dell’imputato, all’epoca dei fatti specializzando in urologia. I fatti erano stati poi confermati dalle testimonianze di infermieri, strumentisti e anestesisti di reparto. Ma a chiarire chi davvero c’era in quella sala operatoria, nel corso degli interventi chirurgici, sarà l’istruttoria dibattimentale. I vertici della Asl Roma 1, parte civile nel processo cominciato ieri, sono rappresentati dall’avvocato Daniela Piccioni: «In sala operatoria, un medico specializzando di norma deve essere affiancato da un chirurgo anziano – hanno ribadito come testimoni e ogni attività formativa in programma nella specializzazione deve avvenire sotto la guida dei tutor». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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