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Ucciso da freccia a Genova, chi è il killer: maestro d'ascia, lavorava sullo yacht di Renzo Piano

Ucciso da freccia a Genova, chi è il killer: maestro d'ascia, lavorava sullo yacht di Renzo Piano
Ucciso da freccia a Genova, chi è il killer: maestro d'ascia, lavorava sullo yacht di Renzo Piano
di Valentina Errante
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 4 Novembre 2022, 20:00
4 Minuti di Lettura

«Stranieri di m ve ne dovete andare». Così, urlava, affacciato alla finestra del suo appartamento, nel cuore del centro storico di Genova, Evaristo Scalco, la notte di due giorni fa. Urlava, prima di scoccare una freccia che si usa per ammazzare i cinghiali e infilzare il corpo di Javier Alfredo Miranda Romero, peruviano, 41 anni, papà da un giorno di una bambina. «Mi sa che mi sono rovinato», ha detto ai carabinieri che lo hanno arrestato. Poi ha negato di avere preso la mira per colpire quell'uomo. «Gli avevo chiesto gentilmente di fare silenzio. Poi ho perso la testa». 

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I minuti che hanno preceduto il folle delitto nei caruggi avrebbe avuto una dinamica diversa. Sono immortalati nei video che gli inquirenti stanno esaminando. Scalco insultava quei passanti e per quelle frasi, urlate dalla finestra prima di uccidere, la procura gli contesta l'omicidio volontario aggravato dalle finalità di discriminazione e di odio razziale e dai futili motivi. La vittima è stata colpita a un fianco, il fegato definitivamente compromesso, e sono stati vani anche i due tentativi di trapianto. È morto dopo sette ore di agonia. Secondo i primi accertamenti, dei carabinieri, coordinati dal sostituto procuratore Arianna Ciavattini, l'arma è una delle più letali tra quelle, circa 60, che Scalco custodiva nel suo appartamento. 

La follia criminale si è consumata nel quadrilatero dello spaccio, in piazza Franchi, quel mercato dove è possibile comprare cocaina, eroina e crack. Javier Alfredo Miranda Romero, operaio edile, era uscito per festeggiare la nascita della sua bimba, aveva trascorso la serata con gli amici in un bar dei via dei Quattro Canti di San Francesco, aveva bevuto e, dopo la partita di Champions Napoli-Liverpool, camminava a stento, davanti al civico 8 della piazza, il gruppetto si era fermato faceva rumore, avrebbe dato colpi a una saracinesca. 

Evaristo Scalco, Evi, maestro d'ascia, nato a Genova ma da anni residente nel varesotto, abitava in quel palazzo da poco più di un mese. Da quando era stato assunto come artigiano per svolgere alcuni lavori sul Kirribilli, il super yacht di Renzo Piano che si trova in rimessaggio a Genova. Non ha precedenti penali. Ai carabinieri ha raccontato di essere rientrato martedì sera da Malta: «Volevo dormire ma le urla mi hanno impedito di farlo». Per questo si era affacciato alla finestra. Ma l'amico della vittima, che esterrefatto ha assistito alla scena, ha riferito un'altra versione: quell'uomo urlava insulti razzisti, per questo Miranda Romero lo riprendeva con il telefonino. E le testimonianze smentiscono anche che l'uomo stesse dormendo e fosse stato disturbato: «Dalla sua casa proveniva musica a tutto volume, era ubriaco. Noi non facevamo nulla di male». 

Scalco intima agli sconosciuti di andare via, quelli invece restano lì a riprendere la scena, poi va in salone e prende l'arco che si è costruito da solo, torna alla finestra e scocca la freccia. Romero Miranda viene colpito, per qualche istante rimane in piedi. La sequenza dell'orrore è immortalata per sempre nel video (pubblicato dal secolo XIX). Si vede Miranda Romero prima in piedi, sanguinante e Scalco immobile alla finestra, l'arco ancora in mano. L'amico urla, chiama altri conoscenti. «Io ti avevo avvisato» dice quasi in trance Scalco. Qualcuno gli grida «Perché?» e l'artigiano risponde «Perché offende».

 

L'amico chiama i soccorsi. La telecamera davanti alla quale si accascia la vittima riprende gli istanti successivi: il maestro d'ascia scende in strada, tenta di estrarre la freccia dall'addome con una pinza e uno straccio bianco, poi viene aggredito dagli amici di Jave, che qualche minuto dopo lo consegnano ai carabinieri del nucleo radiomobile. Nel parapiglia sparisce il portafoglio della vittima.

«Volevo solo dormire, non riuscivo. Ho perso la testa quando li ho visti urinare contro il muro. Mi hanno lanciato contro uno o due petardi. Non ho capito cosa fossero, mi sono spaventato. Per questo ho usato l'arco ma non volevo uccidere», ma la versione di Scalco, riferita ai carabinieri, non trova riscontri. Al momento dell'omicidio non c'erano grandi assembramenti. E i familiari della vittima ribadiscono quanto già dichiarato ai militari subito dopo la tragedia: «Non abbiamo esploso petardi, era lui ubriaco e con il volume alto della tv».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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