Ci sono altre due inchieste in procura a Verbania per incidenti avvenuti sul Mottarone. Non si tratta della funivia crollata il 23 maggio portando con sé la vita di 14 persone, ma di un altro impianto: Alpyland, una pista su rotaia con vista mozzafiato sulle montagne e i sette laghi circostanti. Il bilancio è meno spaventoso: il ferimento di un dipendente in un'occasione e di un passeggero nell'altra. Ma è quanto basta per aprire due distinti fascicoli, uno nel 2017 e uno nel 2019, per lesioni colpose. La circostanza è una di quelle su cui il pm Olimpia Bossi ha fatto leva per chiedere l'arresto di Luigi Nerini, uno degli indagati per la questione della funivia nella veste di amministratore unico della società gerente Ferrovie del Mottarone.
A lui, infatti, è riconducibile anche la gestione di Alpyland.
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Le immagini diffuse dall'emittente tv tedesca Zdf mostrano la presenza dei «ceppi» già nel 2014, nel 2016 e nel 2018. Il caposervizio ribatte che sono sempre stati adoperati durante i giri di prova o nel corso delle attività di manutenzione, ma mai con turisti a bordo: «Se c'è qualcuno nelle cabine, sono sempre solo i lavoratori». Ora bisogna andare a fondo sulle cause dell'incidente. L'avvocato Perillo ha nominato due consulenti tecnici, Andrea Falco e Riccardo Gruttadauria. Ieri sera ha chiesto di poter eseguire un sopralluogo, ma la procura gli ha risposto di no: l'area è sotto sequestro ed è necessario essere accompagnati da un ingente schieramento di personale di polizia giudiziaria. Il legale si è detto «risentito», ha parlato di «vulnus al diritto di difesa» ma non si è dato per vinto; nel pomeriggio, dopo una marcia piuttosto faticosa, ha raggiunto con i suoi collaboratori il punto dell'incidente. L'esito non è stato incoraggiante: la cabina, adagiata contro un albero, era già stata coperta da un telo, e così la fune.
In mattinata, comunque, Perillo aveva giocato una seconda carta chiedendo al tribunale di disporre una serie di perizie super partes con «incidente probatorio». Mossa che potrebbe spiazzare la procura, che invece intendeva procedere in un altro modo attraverso «l'accertamento tecnico irripetibile». L'avvocato chiede l'analisi del cavo e del sistema frenante, facendo presente, inoltre, che bisogna procedere in fretta perché la cabina è esposta agli agenti atmosferici. Sul motivo per il quale il cavo si è spezzato ci sono soltanto, per adesso, delle ipotesi. «Il ventaglio è infinito», si lascia sfuggire uno dei consulenti di Perillo. In uno degli interrogatori Tadini aveva spiegato ai pm che «durante la corsa una fune è sottoposta a variazioni di tensione» ed esiste «un range di tolleranza al di sotto del quale entra in funzione il freno di emergenza». Che la mattina del 23 maggio, essendo bloccato dal ceppo, non poteva scattare. «Sono consapevole del mio errore - aveva aggiunto - ma mai e poi mai avrei pensato che la fune traente avrebbe potuto spezzarsi».