Domani sarà un anno dal tragico schianto di Corso Francia costato la vita a due 16enni, Gaia e Camilla, travolte dal suv guidato da Pietro Genovese. Per questa vicenda ieri è arrivata la sentenza di primo grado: otto anni per duplice omicidio stradale. A 24 ore dalla pronuncia del gup Gaspare Sturzo, che ha inflitto una pena superiore alle richieste della procura non riconoscendo il concorso di colpa, i difensori dell'imputato spiegano «che sono ore dure per tutti». Ieri il ventenne, che si trova agli arresti domiciliari, è scoppiato in lacrime al termine della lettura del dispositivo. «Attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza - spiegano gli avvocati Franco Coppi e Gianluca Tognozzi - ma in questa fase chiediamo rispetto per tutte le persone coinvolte e respingiamo ricostruzioni fantasiose su quanto avvenuto quella tragica notte che non hanno trovato alcuno spazio nei vari passaggi dell'inchiesta e nel processo».
Il riferimento è all'ipotesi che prima del tragico impatto fosse in corso «una
Genovese. Ha ribadito, però,la sua soddisfazione per il fatto che non è stato riconosciuto alcun concorso di colpa: le due ragazze stavano attraversando sulle strisce e con il semaforo
pedonale che segnava verde». Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro il mese di febbraio. Per dell'Associazione vittime incidenti stradali, sul lavoro e malasanità è stata applicata «in modo giusto la legge sull'omicidio stradale con una condanna effettiva». Per questa fattispecie penale, introdotta nel 2016, la pena va dagli 8 ai 12 anni. « Oltre allo sconto di un terzo della pena - spiega l'avvocato Domenico Musicco, presidente dell'Associazione - per la scelta del rito abbreviato, il giudice non è sicuramente partito dal massimo per l'incensuratezza dell'imputato che aveva la patente da meno di 3 anni e per le attenuanti generiche. Le aggravanti erano però molte: alcol,velocità e uso del cellulare.
Una pena più bassa avrebbe costituito dunque uno sfregio per le vittime e un premio ingiusto per Genovese».
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