Roma, gendarme del Papa maltrattava la moglie: condannato. L’accusa: «Violenze fisiche e psicologiche»

Un gendarme del Papa maltrattava la moglie, condannato. L’accusa: «Violenze fisiche e psicologiche»
Un gendarme del Papa maltrattava la moglie, condannato. L’accusa: «Violenze fisiche e psicologiche»
di Michela Allegri
Giovedì 3 Novembre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 10:33
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Ha malmenato e insultato per mesi la moglie, arrivando addirittura a minacciarla di morte, dicendole che l’avrebbe uccisa spaccandole la testa con un martello. Un giorno, al culmine di una lite violentissima, dopo avere distrutto mobili e porte nel loro appartamento, le ha sbattuto la testa contro una libreria. Ieri è stato condannato a un anno e 8 mesi di reclusione con le accuse di maltrattamenti in famiglia e lesioni. All’epoca dei fatti, Fabio Donegà, 45 anni, era un gendarme pontificio. Adesso invece ha cambiato mansione: è stato trasferito in un ufficio amministrativo. Il pubblico ministero Mario Pesci aveva chiesto per lui una pena di 2 anni e 6 mesi di carcere. 

Le violenze, secondo gli inquirenti, sono andate avanti dall’agosto del 2016 al marzo del 2017.

Sette mesi durante i quali l’imputato avrebbe fatto vivere alla donna un inferno, fatto di insulti e minacce, ma anche di calci, pugni, percosse. Nel capo di imputazione il pubblico ministero scrive che la vittima è stata sottoposta, durante la convivenza, a «reiterati atti di violenza fisica, morale e psicologica». È stata aggredita in continuazione, per motivi «futili», ed è stata sottoposta a umiliazioni e vessazioni. Negli atti si legge che la donna è stata strattonata, spintonata, colpita con calci e pugni su tutto il corpo. Si è ritrovata con lividi sulle braccia e graffi sul volto.

È stata insultata e ingiuriata: «Donna di m...», le avrebbe detto più volte l’ex marito.

Al culmine di diverse liti, l’uomo si sarebbe sfogato distruggendo porte e armadi della loro casa, urlando come un ossesso e spaventando la vittima con la sua incapacità di controllare la rabbia e la violenza. Il magistrato sottolinea che avrebbe danneggiato addirittura i mobili, facendoli a pezzi insieme a oggetti e soprammobili. 

Nelle carte della Procura vengono ripercorse nei dettagli le liti che hanno portato Donegà sul banco degli imputati. La prima violentissima discussione finita agli atti dell’inchiesta risale all’agosto del 2016: in quell’occasione la vittima sarebbe stata colpita con pugni.

Un’aggressione che aveva lasciato un segno evidente: un grosso livido su un braccio. Il 18 settembre dello stesso anno, l’ex gendarme pontificio avrebbe picchiato la moglie con schiaffi e altri pugni. Ma non è tutto: avrebbe anche minacciato la donna di morte, dicendole che le avrebbe aperto la testa con un martello. Pochissimi giorni dopo, il 21 settembre, la vittima era stata «schiaffeggiata violentemente» - si legge ancora negli atti della Procura - e si era ritrovata con dei graffi sul viso. Il 17 novembre 2016, l’imputato avrebbe nuovamente picchiato la moglie, colpendola con calci e pugni su tutto il corpo. L’ultima imputazione risale all’11 febbraio 2017: la donna sarebbe stata aggredita «violentemente», annota il pubblico ministero: sarebbe stata schiaffeggiata e, durante la discussione, l’ex gendarme vaticano le avrebbe fatto sbattere la testa contro una delle librerie presenti in casa.

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L’uomo era stato rinviato a giudizio nel febbraio del 2018, mentre lo scandalo era esploso in Vaticano l’anno precedente: dopo l’ennesima lite, la donna si era rivolta a un avvocato e aveva deciso di sporgere denuncia. Nello stesso periodo, l’uomo era stato sospeso dall’incarico nella Gendarmeria e trasferito in un ufficio amministrativo. 

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