Alluvione Emilia Romagna, Gene Gnocchi: «Non si può avere terrore della pioggia. Temevo che le grate fisse delle finistre potessero imprigionare la mia famiglia»

«Ero a Roma in quei giorni. L’allerta qui è diventata uno stile di vita»

Alluvione Emilia Romagna, Gene Gnocchi: «Non si può avere terrore della pioggia. Temevo che le grate fisse delle finistre potessero imprigionare la mia famiglia»
di Alessia Marani
Sabato 27 Maggio 2023, 22:10 - Ultimo agg. 28 Maggio, 12:47
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«Non possiamo rivivere questa paura tutte le volte che piove. Quell’alert piombato all’improvviso nelle nostre case per correre a mettersi al riparo ai piani più alti non può essere uno stile di vita. Gli argini dei fiumi vanno messi in sicurezza subito per ridare un briciolo di serenità alle popolazioni colpite e non piangere altri morti».

Parola di Gene Gnocchi, al secolo Eugenio Ghiozzi, 58 anni, amato comico, scrittore e showman tv originario di Fidenza, rimasto fuori casa con la famiglia per quattro giorni, sfollati.

Ora lancia il suo appello perché gli emiliano-romagnoli non siano lasciati soli: «C’è bisogno di tutto, la situazione è disastrosa».

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Gene lei ha origini emiliane ma ora vive in Romagna...
«Sì, mi sono trasferito con la mia famiglia a Faenza undici anni fa. Mia moglie è di qui. Abbiamo due figlie piccole di 7 e 10 anni che si sono spaventate tantissimo. Per fortuna sono brave e giudiziose, ma penso ai tanti bambini delle famiglie che in questa alluvione hanno perso tutto. Non è bastato il terremoto, ora anche questa. Guardo in faccia i miei amici disperati del quartiere Orto Bortone, davanti a noi, è straziante».


Lei ha postato un video su Instagram in cui chiede aiuti per gli alluvionati. Cosa è successo la notte dell’alluvione?
«Non smetterò mai di testimoniare quanto qui serva tutto, quel post è uno dei tanti modi. Mia moglie il giorno dell’allerta meteo e del messaggino del sindaco arrivato su Whatsapp ha avuto la prontezza di decidere di non salire al primo piano ma di portare direttamente le figlie dai nonni che vivono al quarto piano di un condominio. Io ero a Roma per la trasmissione Quarta Repubblica. Avevo il cuore in gola perché pensavo alle grate fisse che proteggono le finestre di casa. Ho avuto il terrore che le mie “ragazze” potessero fare la fine del topo in trappola».


La vostra casa ha subito danni?
«Fortunatamente siamo stati risparmiati dall’ondata, solo acqua salita a livello stradale e lo scoppio di alcune tubature. Sono riuscito a raggiungere Faenza solamente il mercoledì quando hanno riaperto la A14 e la via Emilia, ho ancora davanti agli occhi le case con metri e metri d’acqua. E il pensiero mio e di mia moglie è andato a dieci anni fa quando alla fine abbiamo scelto di comprare questa casa e non un’altra che ora è stata completamente spazzata via dall’alluvione. Una scelta inconsapevole che ci ha cambiato la vita. Ti rendi conto di quanto può valere la vita».

 


Ha aiutato i suoi vicini?
«Ho fatto tutto quello che era possibile. Gli emiliano-romagnoli sono molto capaci, resistenti, ma stavolta non pensiamo che tutto si possa caricare sulle loro spalle. Solo a Faenza ci sono ancora seimila sfollati, per qualche giorno lo siamo stati anche noi e molte abitazioni non saranno agibili per mesi, se non per sempre. Poi c’è tutto il comparto agricolo in ginocchio: ci sono stati agricoltori che per salvare i centri urbani hanno accettato di fare defluire l’acqua sui loro campi. C’è chi ha perso la casa, la macchina e rischia anche il posto di lavoro».


Sa che martedì il presidente della Repubblica Sergio Mattarella verrà proprio a Faenza per incontrare i volontari, gli sfollati e parlare con i sindaci dei paesi colpiti?
«Lo sto apprendendo ora. È un bel segnale perché confidiamo tutti che non si spengano i riflettori su questa tragedia. Ripeto: gli argini dei fiumi sono compromessi, indeboliti. Qui abbiamo il Lamone e il Marzeno, ma la situazione è simile in numerosi altri centri. Vanno iniziate subito le operazioni di messa in sicurezza. Non possiamo vivere sul filo delle allerte meteo. Non è vita».

 

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