«De Pau guidava da folle, così ha colpito la mia auto». L'incidente dopo gli omicidi delle escort

Al volante della Toyota della madre, si è schiantato su una macchina parcheggiata

«De Pau guidava da folle, così ha colpito la mia auto». L'incidente dopo gli omicidi delle escort
«De Pau guidava da folle, così ha colpito la mia auto». L'incidente dopo gli omicidi delle escort
di Valeria Di Corrado e Camilla Mozzetti
Venerdì 25 Novembre 2022, 23:20 - Ultimo agg. 26 Novembre, 10:39
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Per più di 24 ore Giandavide De Pau ha scorrazzato per la Capitale senza che nessuno lo fermasse. Trucidate a colpi di coltello o cacciavite tre donne (l’arma o le armi non sono state ancora trovate) a bordo della Toyota Iq, intestata alla madre, se ne è andato a zonzo per Roma come un comune cittadino. E da Prati - quartiere della mattanza - è arrivato all’estrema periferia est probabilmente in cerca di droga. Chi vive a Torbella e campa spacciando, lo conosce bene e a fermarlo o, quantomeno, a rallentare la sua fuga prima della cattura - arrivata all’alba di sabato grazie alla preziosissima collaborazione della sorella che lo ha denunciato ai carabinieri - è stato un incidente da lui stesso provocato. «Ci ha citofonato un passante dicendo che la nostra auto parcheggiata era stata colpita da una Toyota Iq che si era poi ribaltata», dice il figlio del proprietario di quella panda colpita come un birillo. 

IL RACCONTO
Torniamo indietro: è la sera di venerdì 18 novembre - più di 24 ore dopo i delitti - e in via dell’Acqua Vergine (ben 25 chilometri dal luogo dei delitti), De Pau che proveniva probabilmente dalla Prenestina perde il controllo dell’auto e finisce contro una Fiat Panda parcheggiata al lato della corsia.

Il proprietario, Filippo, era in casa ma non ha sentito nulla, solo un passante che ha visto la dinamica e pure il killer scendere poi e scappare a piedi, ha suonato al cancello: «Credo sia vostra l’auto che è stata colpita poco fa da un tizio che si è ribaltato». Il signor Filippo, suo nipote Stefano con la moglie, e il figlio Dino scendono. Sono le 20 circa, sul posto vengono chiamati anche 118 e vigili del fuoco - la segnalazione arriva in centrale alle 20.12 - perché si richiede l’intervento per una persona rimasta incastrata ma quando carro e sanitari arrivano, De Pau già non c’è più.

«Siamo scesi e abbiamo visto la nostra auto che aveva la parte anteriore quasi completamente distrutta e c’era questa Toyota Iq ribaltata ma il conducente era scappato a piedi già da un po’», racconta Dino, figlio del proprietario della Panda. Suo zio Stefano aggiunge: «Chi poi si è fermato ci ha raccontato di aver visto un uomo che, barcollando, aveva provato a fermare qualche automobilista per chiedere un passaggio ma nessuno lo ha fatto salire. Erano spaventati, un signore mi ha detto: “ho avuto paura a vederlo”. Noi tutti credevamo fosse un ubriaco, un tossico che, magari, senza patente, era fuggito per timore. Abbiamo scoperto chi fosse solo leggendo i giornali». Sul posto arrivano anche i vigili urbani del Prenestino e il carroattrezzi per la rimozione della Toyota. Nessuno pensa a Prati, a quanto accaduto il giorno prima. Del resto la Iq color melanzana è intestata ad una donna del 1949, nata a Napoli, ma residente ad Ottavia, con regolare assicurazione. È la madre di Giandavide De Pau ma nessuno può fare alcun tipo di accostamento anche perché gli investigatori a quell’ora di venerdì hanno in mano solo l’immagine di un sospettato ripreso dalle telecamere di via Riboty e un nome da verificare emerso dal racconto dell’amica cubana di De Pau, J. R., che per utilità, nonostante abbia trascorso con l’uomo le ore successive al delitto e per quest’ultimo si sia recata a casa della sorella per chiedere soldi e il passaporto, non verrà iscritta sul registro degli indagati poiché la sua testimonianza verrà certamente usata in sede processuale dall’accusa. 

INQUINAMENTO DI PROVE
Dunque via dell’Acqua Vergine: sull’asfalto ci sono ancora i segni dei rilievi svolti dai vigili che quel venerdì sera nell’auto hanno trovato - e quasi certamente inquinato - molto materiale. «Ho visto tirar fuori un casco e un cacciavite», conclude il figlio del proprietario della Panda. Che sia una delle armi usate per uccidere le due prostitute cinesi e quella colombiana? La domanda forse troverà una parziale risposta soltanto dopo l’esito delle verifiche. 
 

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