Messina Denaro, l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo: sciolto nell'acido dopo un sequestro lungo 2 anni

Il fratello della vittima: «Perdono impossibile, spero soffra il più a lungo possibile»

Messina Denaro, l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo: sciolto nell'acido dopo un sequestro lungo 2 anni
Messina Denaro, l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo: sciolto nell'acido dopo un sequestro lungo 2 anni
Lunedì 16 Gennaio 2023, 16:21 - Ultimo agg. 23:36
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L'arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro riporta alla mente uno degli omicidi più crudeli ordinati dal boss, nonché uno di quelli rimasti maggiormente nella memoria collettiva degli italiani: quello del piccolo Giuseppe Di Matteo. Figlio del pentito Santino, il 12enne fu strangolato e sciolto nell'acido quasi due anni dopo il giorno del suo rapimento, avvenuto il 14 novembre 1993. Giuseppe stava uscendo dal maneggio dove era andato a cavallo quando fu raggiunto da un commando di mafiosi travestiti da poliziotti che lo convinsero a seguirli dicendo che lo avrebbero portato dal padre. 

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Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito sciolto nell'aicido

Il rapimento fu stabilito da Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano e Giovanni Brusca.

Doveva servire da monito agli appartenenti al commando della strage di Capaci che stavano collaborando con la giustizia. La prima proposta, avanzata da Graviano, fu di uccidere il figlio di Santino Di Matteo, mentre Brusca introdusse l'idea del rapimento prima dell'omicidio. Il ragazzino fu ucciso a San Giuseppe Jato l'11 gennaio 1996. Il corpo di Giuseppe non fu mai ritrovato, disciolto in un fusto di acido nitrico. 

Il racconto di Spatuzza: «L'abbiamo legato come un animale»

Agghiacciante il racconto per pentito Gaspare Spatuzza, che in aula chiese perdono per quella morte atroce: «All'inizio il bambino urlava: “papà mio, amore mio”. Poi l’abbiamo legato come un animale e l’abbiamo lasciato nel cassone. Lui piangeva, siamo tornati indietro perché ci è uscita fuori quel poco di umanità che ancora avevamo», ha ricordato. «Ci chiamò dicendo che doveva andare in bagno - ha continuato Spatuzza - ma non era vero. Aveva solo paura. Allora tornammo indietro per rassicurarlo e gli dicemmo che ci saremmo rivisti all'indomani, invece non lo rivedemmo mai più».

 

Il fratello: «Perdono impossibile, spero soffra il più a lungo possibile»

«Ho letto che è malato. Mi auguro che possa vivere il più a lungo possibile per avere una lunga sofferenza, la stessa che ha imposto a mio fratello, un ragazzino innocente». A dirlo all'Adnkronos è Nicola Di Matteo, fratello di Giuseppe. La notizia della cattura del superlatitante è stata appresa da Nicola e dalla madre con «gioia mista a pianto».

«Si è riaperta una ferita, il ricordo di quel periodo orrendo. Ringrazio le forze dell'ordine e la magistratura, che ci sono sempre stati accanto. Lo Stato ha i suoi tempi ma vince sempre». L'auspicio di Nicola Di Matteo, adesso, è che «si faccia luce anche sulle coperture» che hanno consentito una latitanza lunga 30 anni. «Speriamo che tutta la verità possa venire a galla». 

«Questi criminali non si allontanano mai troppo dai loro territori in cui possono contare su una fitta rete di persone pronte a proteggerli». Uomini e donne fidati su cui gli investigatori in questi anni hanno stretto il cerchio. «Da tempo le forze dell'ordine stavano dietro al latitante, seguendo tutti i movimenti delle persone a lui più vicine sino ad arrivare all'arresto oggi». Per il fratello del piccolo Giuseppe non è possibile il perdono. «È una cosa impensabile davanti alle atrocità che hanno imposto a Giuseppe. Non si può perdonare una cosa del genere. Giuseppe era un ragazzino, impensabile il perdono. Adesso deve soffrire come mio fratello», conclude non nascondendo la sua «rabbia».

 

L'avvocato della famiglia: «Sarà giudicato da Dio e uomini»

«Nulla potrà restituire in vita Giuseppe o compensare in qualunque modo la sua scomparsa ma di certo tutti coloro che hanno preso parte a questo efferato delitto, oltre a doverne rispondere davanti alla giustizia divina, ora dovranno farlo anche davanti a quella umana». Lo dice, dopo la cattura di Messina Denaro, l'avvocato Monica Genovese, legale della famiglia del piccolo Giuseppe Di Matteo. «Uno straordinario successo della procura di Palermo, ennesima tappa del percorso per assicurare alla giustizia tutti coloro che hanno avuto un ruolo nel più grave delitto della mafia».

 

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