Green pass, flop ​controlli sul lavoro: zero multe e boom malati

Green pass, flop controlli sul lavoro: zero multe e boom malati
di Marco Esposito
Martedì 26 Ottobre 2021, 23:59 - Ultimo agg. 25 Marzo, 07:42
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Beato il Paese che non ha bisogno di sanzioni per funzionare. E quel Paese è l’Italia, almeno per il Green Pass nei luoghi di lavoro. A dodici giorni dall’introduzione dell’obbligo del certificato verde non si ha notizia di una multa da parte dei Prefetti, chiamati a intervenire nei confronti dei lavoratori che entrano in azienda senza il Pass o dei datori di lavoro che non attuano i controlli, neppure a campione. Effetto di una scelta in parte politica - si è deciso di non calcare la mano con le multe - e in parte normativa, perché non è affatto chiaro a chi spetti andare a controllare se nelle imprese tutto fili secondo le regole anti Covid.

Il popolo livoroso dei No Green Pass esiste, sia chiaro, ma stando ai numeri ha scelto la vecchia strada del darsi malato. Lo dimostrano i dati dell’Inps e lo conferma la distribuzione territoriale delle malattie, con l’incremento più vistoso in Friuli Venezia Giulia, ovvero il territorio che con Trieste è diventato epicentro della protesta contro l’obbligo. L’aumento di certificati medici venerdì 22 ottobre rispetto all’ultimo venerdì senza Green Pass, ovvero l’8 ottobre, è impressionante: più 70%.

Dopo il Friuli ci sono l’Umbria, con un incremento del 38%, e il Lazio, con un più 24% con la media italiana a 18%, in lieve calo rispetto al +22% del 15 ottobre. Il Mezzogiorno è sotto la media di “morbilità da Green Pass” per tutte le sue regioni, con la Campania che limita l’incremento di malattie sotto il 15%.

Ma i furbetti del certificato medico sono poche decine di migliaia mentre non si sa quanti siano i lavoratori che a vario titolo sfuggono al Green Pass. I tamponi, infatti, permettono di coprire tra molecolari (113mila, validi 72 ore) e rapidi (526mila, validi 48) quasi 1,4 milioni di persone. Pochi o il giusto numero? I lavoratori dipendenti in Italia sono 17,8 milioni di cui 15 milioni in presenza. Di questi, 1,2 milioni sono guariti dal Covid e 12,2 milioni vaccinati. Quindi il numero di Green Pass necessari è di 1,6 milioni, cioè 200 mila oltre quello realizzato con i 640mila tamponi dell’ultima rilevazione ufficiale. L’ipotesi che i tamponi rapidi e molecolari siano effettuati esclusivamente dai lavoratori dipendenti che hanno bisogno del certificato verde è di per sé irrealistica per cui è certo che ci sia una quota di alcune centinaia di migliaia di persone che sfugge ai controlli, anche se non ci sono elementi per individuare il numero esatto.

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Nel settore pubblico, peraltro, non c’è una rilevazione centralizzata e i “datori di lavoro” sono 32mila. Al ministero della Funzione pubblica di Renato Brunetta si sta pensando di effettuare un controllo a campione per accertare quanti sono i casi dei “No Green Pass irriducibili” ovvero di persone che hanno preferito la sospensione dal servizio rispetto alla strada del vaccino o del tampone. Tuttavia è ipotizzabile che Comuni, Regioni, Asl e tutto l’apparato della macchina statale stia applicando le regole.

Nel settore privato le aziende maggiori si sono attrezzate per effettuare i controlli giornalieri, su tutti gli ingressi oppure a campione (con un minimo del 20%), sia del proprio personale sia di quello delle ditte esterne. Nel pianeta delle piccole e piccolissime imprese però si può supporre che i controlli del Green Pass siano meno stringenti.  

Ma chi dovrebbe controllare chi controlla male? Bella domanda. In base al decreto legge 127 del 2021 a essere chiamati in causa sono i «soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni» cui spetta il compito di trasmettere alle Prefetture. Cioè? La norma rimanda al decreto 19 del 2020 in cui si citano «forze di polizia, personale dei corpi di polizia municipale», poi «personale ispettivo dell’azienda sanitaria locale competente per territorio e dell’Ispettorato nazionale del lavoro limitatamente alle sue competenze in materia di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro» nonché, addirittura, «le Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali» e «previa attribuzione ad essi della qualifica di agenti di pubblica sicurezza». Segnalazioni che partano dagli stessi lavoratori, o dai sindacati o da altri soggetti che non siano pubblici ufficiali non hanno alcuna validità così come non possono portare a sanzioni le segnalazioni del datore di lavoro in merito a un dipendente entrato senza Green Pass. Il Prefetto può utilizzare le denunce solo come informative cui far seguire un’ispezione vera e propria, che può arrivare all’invio dell’Esercito. Ma, è evidente, in questa fase non c’è intenzione di utilizzare forme coercitive mentre per esempio quando ad agosto scattò il Green Pass nei ristoranti si fece subito seguire una campagna di controlli e sanzioni per diffondere anche mediaticamente l’importanza della svolta.
Ma a quanto ammontano le sanzioni a disposizione dei Prefetti? Per il dipendente che entra in azienda senza Green Pass vanno da 600 a 1.500 euro mentre per il datore di lavoro che non organizza i controlli del certificato sono più blande: da 400 a 1.000 euro.

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