Green pass, chi pagherà i tamponi dei lavoratori non vaccinati? Sindacati: «I test siano gratis», ma il governo non ci sta

Green pass, chi pagherà i tamponi dei lavoratori non vaccinati? Sindacati: «I test siano gratis», ma il governo non ci sta
Green pass, chi pagherà i tamponi dei lavoratori non vaccinati? Sindacati: «I test siano gratis», ma il governo non ci sta
di Giusy Franzese
Giovedì 16 Settembre 2021, 07:00
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Resta lo scoglio più difficile da aggirare. Chi pagherà i tamponi dei lavoratori non vaccinati? La parola gratis è bandita in seno al governo, salvo per i fragili esentati. Ma non è detto che non si trovi una via di mezzo: un prezzo ancora più calmierato rispetto agli attuali 15 euro. Anche in questo caso resterebbe però un nodo da sciogliere: chi paga la differenza? Ai sindacati, che ieri hanno ribadito la loro assoluta contrarietà a far ricadere il costo sulle spalle degli stessi lavoratori, il premier Draghi non ha fornito risposte «definitive». Ma ha fatto capire che non sarà lo Stato ad accollarsi l'onere. Non lo sta facendo per la scuola e i docenti, e non lo farà per gli altri lavoratori. «Abbiamo provato a trovare soluzioni alternative, ad esempio abbiamo proposto la gratuità dei tamponi fino alla fine di quest'anno. Ma non mi pare che ci sia questa disponibilità» racconta il leader Uil, PierPaolo Bombardieri all'uscita dell'incontro a Palazzo Chigi. 

Il Green pass - è quanto i sindacati si sono sentiti dire dal governo durante la riunione - «è lo strumento per aumentare la propensione a vaccinarsi nella popolazione, per convincere le persone a farsi inoculare il siero anti-Covid.

Se i tamponi fossero gratuiti, dal punto di vista dell'effetto deterrente, il Gren pass avrebbe le armi spuntate. Di gratuito c'è già il vaccino». 

Una tesi che non convince per niente i sindacati. «Secondo noi la gratuità del tampone favorirebbe il consenso e non la divisione» nei confronti del lasciapassare, osserva il numero uno Cgil, Maurizio Landini. C'è anche un altro ragionamento che i sindacati hanno esposto al premier e ai ministri Orlando, Giorgetti, Brunetta e Speranza che hanno partecipato alle due ore di riunione a Palazzo Chigi: se il Green pass è uno strumento che serve ad aumentare la sicurezza nei luoghi di lavoro limitando il contagio, allora a maggior ragione non può essere a carico dei dipendenti. «I costi della sicurezza sul lavoro non li devono certo pagare i lavoratori» sottolinea Bombardieri. Toni più accomodanti in casa Cisl. «Per noi rimane determinante la garanzia sulla gratuità di tamponi per i lavoratori fragili: contestualmente vanno trovate soluzioni per scongiurare che tutti i lavoratori si carichino di costi impropri, vista l'emergenza sanitaria e la consolidata consuetudine che vede le aziende farsi carico degli oneri su salute e sicurezza» dice il numero uno del sindacato di via Po, Luigi Sbarra, impegnato a Gorizia. Mentre il segretario confederale Angelo Colombini (che ha partecipato alla riunione a Palazzo Chigi) sottolinea come «la decisione di estendere il Green pass in tutti i luoghi di lavoro sia una cosa positiva, anche perché mette fine all'ambiguità di questi mesi». Detto ciò anche per la Cisl se si introducesse direttamente l'obbligo vaccinale sarebbe meglio.

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Ieri a Palazzo Chigi non erano stati convocati i datori di lavoro. La posizione di Confindustria è arcinota: si al Green pass, no al costo dei tamponi a carico delle aziende. Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, dopo l'incontro con Cgil Cisl e Uil della scorsa settimana, aveva tentato la carta Pantalone: paghi lo Stato. E ieri dalle varie Confindustrie regionali - Liguria, Veneto, Piemonte, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna, Sicilia - è stato un susseguirsi di dichiarazioni per ribadire che no, il costo dei tamponi, non può gravare sulle imprese. 

Le cifre in ballo sono enormi, chiunque alla fine dovrà pagarle. Stime ufficiali non ce ne sono. Ma si possono fare due conti a spanne: i lavoratori dipendenti privati, secondo l'Istat, sono poco meno di 18 milioni. In Italia attualmente circa il 20% della popolazione maggiorenne non è ancora vaccinato. Si può assumere che questa percentuale sia valida anche tra i lavoratori. Il che porterebbe a circa 3 milioni e 600.000 i dipendenti non vaccinati. Che, per entrare in azienda o in ufficio, dovranno farsi il tampone ogni due giorni. Ovvero tre tamponi a settimana. All'attuale costo (tra l'altro la calmierazione in questo momento vige solo fine a fine settembre) di 15 euro a tampone, significa 45 euro a dipendente a settimana. Sulla platea complessiva dei 3 milioni e 600.000 il conto sarebbe stratosferico: ben 162 milioni di euro a settimana. 

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