Covid e guerre commerciali: nave napoletana bloccata al largo della Cina da tre mesi

Covid e guerre commerciali: nave napoletana bloccata al largo della Cina da tre mesi
di Patrizia Capuano
Mercoledì 23 Settembre 2020, 07:30 - Ultimo agg. 13:34
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Asse Italia-Asia. Richiesta di aiuto da un mercantile bloccato da quasi tre mesi in Cina: l'imbarcazione è all'esterno del porto di Huanghua, nel golfo di Bohai sulla costa nord-orientale. Giuseppe Pugliese, il comandante della motonave Mba Giovanni di bandiera italiana, lancia un appello alle autorità italiane. A bordo un equipaggio di 19 persone di cui 6 italiani e 13 filippini, la cui età oscilla dai 25 ai 60 anni. Sono tutti stremati. Dal 29 giugno sono in attesa di un ormeggio per entrare nell'approdo. Il mercantile trasporta un carico di carbone prelevato lo scorso 12 giugno in Australia, nel porto di Gladstone. Ma sono fermi da quasi tre mesi. Alcuni di loro non rientrano a casa da oltre un anno.

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«A causa dell'emergenza sanitaria Covid 19 la Cina, come altri paesi, non permette di effettuare il cambio dei componenti dell'equipaggio racconta il comandante Pugliese, originario di Monte di Procida - Inoltre ci sono problemi politici tra l'Australia e la Cina, che ha bloccato le importazioni del carbone australiano. Le autorità non consentono lo sbarco del carico. L'equipaggio a bordo ha superato tutti i limiti di contratto. Quattro persone contano 14 mesi di imbarco, altre 5 oltre i 12 mesi, io sono ad undici mesi di navigazione». L'armatore del mercantile, Michele Bottiglieri, ha provato a spostare il cargo in altre acque, in Sud Corea, ad Hong Kong, nelle Filippine in modo da consentire ai marittimi di far ritorno a casa. «Purtroppo continua il comandante - non abbiamo ricevuto l'autorizzazione da chi, in Cina, deve prelevare e ricevere il nostro carico di carbone. Essendo stato pagato, non ci permettono di lasciare le loro acque territoriali». E così l'equipaggio del mercantile M/N Mba Giovanni di bandiera italiana è bloccato da quasi tre mesi all'esterno del porto di Huanghua, nel Mar Giallo. In sintesi tre i motivi: a causa della emergenza sanitaria Covid 19, la Cina non permette di sostituire l'equipaggio; le autorità finora non hanno dato l'autorizzazione per scaricare il carbone proveniente dall'Australia; né consentono che la nave si diriga altrove affinché i marittimi possano lasciare il cargo e far ritorno in Italia. In tal caso, in seguito, con un nuovo equipaggio si potrebbero effettuare in Cina le operazioni commerciali. Finora ferme. «Ci sentiamo prigionieri della Cina senza aver commesso nulla - spiega l'ufficiale campano - La questione più sconcertante e logorante è che nessuno è in grado di dirci quando la situazione si potrà sbloccare prosegue -. Al momento non c'è alcuna previsione ed è difficile avere notizie dagli agenti cinesi e dalle autorità. Siamo all'oscuro di tutto. Il nostro armatore ed io abbiamo scritto all'Ambasciata d'Italia a Pechino, all'Ambasciata cinese a Roma, alla Farnesina ma nessuno ci ascolta. Nulla è stato fatto per risolvere la nostra emergenza».

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Ieri un contatto dal consolato italiano a Pechino, che ha garantito assistenza in caso di emergenze mediche o per altre urgenze. Un piccolo segnale. Ma, fortemente preoccupato per gli altri marittimi a bordo, il comandante Pugliese lancia un Sos alle autorità italiane. «L'avvicendamento dei marittimi è un diritto umano afferma l'ufficiale - la sostituzione dei componenti dell'equipaggio deve essere garantita da tutte le nazioni: come definiti dall'Imo (International Maritime Organization) siamo dei Key Workers. Il mio appello in qualità di comandante è rivolto a tutte le autorità italiane, alle forze politiche e militari, al premier Giuseppe Conte, al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, affinché possano dialogare con le autorità cinesi. E aiutare il nostro armatore a trovare una soluzione equa per tutti, in modo da poter ritornare a casa - conclude -. Le nostre famiglie, in Italia, sono preoccupate. Vogliamo che qualcuno ci ascolti». Ma questa in Cina, per l'ufficiale originario di Monte di Procida, non è una vicenda isolata. Tra le tempeste attraversate nel corso della sua carriera professionale, c'è lo tsunami in Giappone del 2011. Il comandante Giuseppe Pugliese, 42 anni, ha vissuto l'evento catastrofico che l'11 marzo 2011, alle 14.46 locali, travolse la costa settentrionale del Giappone.

Poco prima un terremoto di magnitudo 8.9 al largo di Thoku. Era sul cargo Sider Joy ad Ishinomaki, quando fu colpito dalla prima onda alta ben dieci metri. La nave, spazzata via, affondò. A bordo in cinque: gli altri marittimi, un polacco e tre filippini. Furono tratti in salvo, due giorni dopo, con un elicottero. «Ero giovanissimo, avevo solo 33 anni ricorda - Il buon Dio ci aiutò. Abbiamo salvato 25 giapponesi, personale di terra del porto, facendoli salire sulla nostra nave. Altrimenti non avrebbero avuto scampo. Ancora oggi ci ringraziano».

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