Terremoto, gli sfollati al centro vacanze: 2500 arrivi in 48 ore

Terremoto, gli sfollati al centro vacanze: 2500 arrivi in 48 ore
di Renato Pezzini
Martedì 1 Novembre 2016, 09:58
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dal nostro inviato
PORTO SANT'ELPIDIO Tre giorni fa la signora Ronconi non la smuoveva nessuno: «Se vogliono portarmi via da Camerino devono prendermi con la forza». Stamattina lei e il marito hanno caricato le valigie in macchina e ora stanno nel centro di accoglienza di Porto Sant'Elpidio in attesa del loro turno. Hanno compilato il foglio di registrazione e da due ore aspettano di sapere in quale albergo della costa passeranno la notte. E le notti successive. La ferocia del terremoto si manifesta anche così: fa crollare le certezze più tetragone.
Per uno che non vuol sapere di andarsene, ce ne sono cinque che alzano bandiera bianca. Il giorno dopo le scosse di mercoledì, a Porto Sant'Elpidio sono arrivati in cinquecento. Sabato erano già tre volte di più. Domenica il caos: oltre duemila arrivi. Lunedì altri cinquecento. E stiamo parlando solo degli sfollati marchigiani. Chi dà la colpa all'inarrestabile tempesta sotterranea che rende le notti insonni e le giornate nevrasteniche. Chi si scaglia contro i soccorsi «che da noi non sono mai arrivati costringendoci ad abbandonare i nostri paesi».
Quale che sia la ragione, alla fine arrivano qui, al villaggio vacanze Holiday trasformato dalla Protezione Civile in un centro di smistamento dei senzatetto. Emma è scesa da Fiastra coi due figli: «Non volevo arrendermi, ma dopo la scossa di domenica mattina ho detto basta». Le assegnano una camera tripla in un albergo di Sirolo. Tre famiglie di Pievebovigliano chiedono di stare nello stesso albergo: «Faremo di tutto per accontentarvi». Cinque studenti di colore dell'università di Camerino ringraziano tutto e tutti: «Siete fantastici».

SEMBRA UNA STAZIONE
Lo stanzone del centro di smistamento è affollato come una stazione nei giorni di esodo estivo. Ma senza euforia, né allegria. C'è, piuttosto, un senso di sconfitta, il terremoto ti cambia la vita in un attimo e non ci sono armi per combattere. Zita Pistoletti per 91 anni non si è mossa quasi mai dal suo paese, Pieve Torina, e adesso si trova catapultata in un mondo che fatica a riconoscere: «Una cosa è vedere queste tragedie in tv e dire povera gente. Un'altra cosa è diventare povera gente».
In una stanzetta un funzionario della Federalberghi passa la giornata al telefono. Chiama i direttori degli hotel chiedendo la disponibilità di camere. Sono già settanta le «strutture» che hanno detto sì. Ma non bastano. E allora ecco una scena da anni 60: nel centro di Civitanova Marche le trombe di un megafono sul tetto di un auto fanno invocano solidarietà. «Attenzione attenzione, l'amministrazione comunale invita i cittadini a comunicare la disponibilità di appartamenti da assegnare temporaneamente agli sfollati del sisma. Contattare il numero».
Quelli che sono arrivati già da qualche giorno hanno trovato buone sistemazioni. Il Centro Vacanze Holiday di Porto Sant'Elpidio, oltre a ospitare gli uffici della Protezione Civile, dà già da dormire a cinquecento persone nei bungalow di cemento, fra palme e siepi di oleandro. I Sebastiani un fratello e due sorelle hanno superato gli 80 anni, vivevano davanti al Municipio di Visso. Mostrano con orgoglio la loro casetta linda: «Guardi che bel bagno». C'è posto anche per Anna, ucraina, badante della più giovane delle sorelle che è disabile.
Sotto una tettoia di legno, proprio al centro del villaggio, si distribuiscono vestiti, bagnoschiuma, succhi di frutta, giocattoli, scarpe, e c'è una fila lunga così. Quando si scappa nella notte, con la morte che ti bracca, non c'è tempo per pensare al dopo. Poi le necessità affiorano poco alla volta, e ciò che prima era scontato ora diventa un bene prezioso. Compresa la scuola dei figli. Federica Fede ne ha due che vanno alle elementari, e ancora non sa se qui, sulla costa, faranno dei corsi per i bimbi sfollati o se dovrà portarli ogni giorno su e giù da Polverina. Del resto, è una questione che Protezione Civile e Provveditorato stanno cominciando ad affrontare solo ora. Per non parlare di chi, come Alfredo Tinti, ha il lavoro a Muccia, che sta a settanta chilometri da Porto Sant'Elpidio.

IL TORMENTO
Il vero tormento di questa moltitudine in fuga è l'incognita del tempo. «Per quanto dovremo stare qui? Per quanti giorni e mesi dovremo vivere da sfollati?». In cuor suo Angela spera che sia una questione da sbrigare in fretta. Prima o poi la paura passerà, «e io me ne tornerò a Fiastra, davanti al mio lago, e non importa se sarà in una tenda o in un container». Ma ha l'aria di chi non crede alle proprie parole. Per Stefano Sammarco, studente di Camerino, due notti in hotel sono piacevoli, «poi ti sembra di vivere in un film. No, non può essere così la mia vita, piuttosto me ne torno a casa dei miei, in Calabria, e addio studi».
Più si va verso sera più il salone del Centro di accoglienza si affolla. Un volontario della Croce Rossa cerca di consolare un'anziana che piange. I figli l'hanno portata qui domenica, poi sono tornati a Pieve Torina. Ha dormito da sola in un albergo di Civitanova, quasi un hotel di lusso. Ma l'hanno messa al terzo piano, e lei non ha chiuso occhio perché le basta una scossa impercettibile per andare in agitazione, e al terzo piano le scosse un po' si sentono anche se l'epicentro è lontano cento chilometri. «Le faremo cambiare stanza, signora». No, lei vuole che i figli la tornino a prenderla per tornare lassù. Questo non è un paese per vecchi.
 
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