Il Palababele che ha offeso la storia del basket italiano

Il Palababele che ha offeso la storia del basket italiano
di Gigi Di Fiore
Sabato 15 Agosto 2020, 09:00 - Ultimo agg. 10:31
5 Minuti di Lettura
Trent'anni e otto sindaci non sono bastati e il progetto per il palasport di Cantù è, insieme con la Pedemontana Lombarda, la principale opera incompiuta della Lombardia. Doveva essere il tempio del basket, la celebrazione della squadra plurivincitrice in Italia e in Europa in una cittadina di appena 40mila abitanti. Cantù, in provincia di Como, polo di imprese del mobile, e la sua squadra di pallacanestro vincitroce di scudetti, supercoppe, coppe campioni, coppe delle coppe e Korac fino ai trofei intercontinentali. La squadra che ha tenuto testa a Milano e a Pesaro, con le sue celebrità come Recalcati e Marzorati. Quella squadra non ha mai avuto un suo palasport, ha sempre giocato nella vicina Cucciago o a Desio nella provincia di Monza-Brianza. Una storia senza fine.

L'occasione sono i Mondiali di calcio del 1990. Arrivano un bel po' di soldi da impiegare in investimenti di opere sportive. Cantù si inserisce, sindaco è il democristiano Giuseppe Anzani. L'idea viene approvata dal Consiglio comunale e si affida il progetto all'archistar Vittorio Gregotti a Milano. Il professionista, scomparso nel marzo scoso a 92 anni, pensa in grande. Il palasport avrebbe avuto la forma di una grande piramide rossa e avrebbe ospitato 7.300 spettatori più servizi. Costo 10 miliardi di lire, poco più di 5 milioni di euro di oggi. Le successive vicissitudini confuse e la forma dell'opera avrebbero in breve tempo partorito sul progetto il soprannome di Palababele, come la famosa caotica torre della Bibbia. I costi iniziali, calcolati in lire, lievitano in pochi mesi e la patata bollente deve affrontarla il nuovo sindaco Dc, Martino Gaffuri. Eppure, tra strombazzamenti, il 16 gennaio 1991 c'è la posa della prima pietra in corso Europa. Nel 1992, si pensa già a una spesa di 18 miliardi di lire, che fanno oggi 9 milioni e quasi 300mila euro. Di quei miliardi, 7 li avrebbe messi il governo attraverso il credito sportivo per i Mondiali del 1990, 3 miliardi e 600 milioni un prestito delle banche al Comune e gli altri 7 miliardi e 400 milioni venivano da introiti dalla concessione, nei terreni confinanti, per due centri commerciali. Comunque, il cantiere parte. Ma si ferma già dopo due anni, il Comune non ce la fa. E a guidare il Comune c'è, per la prima volta, un sindaco leghista: Armando Selva, futuro presidente della Provincia di Como. Ferma tutto: il progetto è sovradimensionato e costa troppo. Non fa nulla che la piramide rossa sia stata già innalzata e che vi siano installati bagni e impianti di riscaldamento. Il cantiere viene bloccato, il bilancio comunale non ce l'avrebbe fatta a sostenerlo.

È una pacchia, come avviene sempre in questi casi, per senzatetto, sbandati, tossicomani. L'incompiuta diventa rifugio per tutti. Soprattutto quando nel 1996, viene formalizzato lo stop ai lavori. Rifiuti, bottiglie di ogni tipo, murales e scritte variegate. Per 14 anni, la struttura in cemento armato di corso Europa diventa terra di nessuno, rifugio per umanità diversa, incompiuta dell'incertezza. Tocca al sindaco leghista Edgardo Arosio decidere nel 2001, con delibera, l'abbattimento per interrompere il degrado. Ma anche demolire costa e ci vorranno nove anni prima che quella decisione sia eseguita. È l'agosto di dieci anni fa, il compito è affidato all'impresa che nel bando d'appalto l'ha spuntata sull'altra partecipante Elettra: il gruppo Turra di Cazzago San Martino in provincia di Brescia, che controlla la Turra costruzioni srl fondata nel 1962. Resiste anche al ricorso al Tar dell'esclusa. L'appalto è complesso, prevede l'abbattimento ma anche la realizzazione, sulle ceneri della compianta, ma non troppo, piramide di Gregotti, di un altro palasport con nuovo progetto. L'idea piace tanto che la struttura da realizzare viene ribattezzata Palaturra, dal nome dell'impresa appaltatrice. Ma bisogna trovare i fondi e ci riesce il nuovo sindaco leghista Tiziana Sala dopo il condono del ministero per i Beni culturali sulla restituzione dei 7 famosi miliardi del pacchetto Mondiali 90. Si pensa al cofinanziamento dell'impresa appaltatrice, il project financing che tanto piace al nord. Il progetto numero due prevede, su un'area di 28mila metri quadri, il palasport con 7000 posti a sedere, una palestra con altri 400 posti, una piscina coperta, 622 parcheggi pubblici, ma anche servizi commerciali, affidati alla gestione della Turra, su un'area di 8720 metri quadri. Costo iniziale 9 milioni, ma subito se ne aggiungono altri 15 e mezzo che devono arrivare dalle casse comunali. La priorità resta l'abbattimento della prima struttura, per realizzare quella nuova. Viene eseguito da una società specializzata: la Italcave di Cucciago sempre in provincia di Como. È uno spettacolo quasi simile a quello dell'abbattimento delle Vele di Scampia, anche se poco pubblicizzato e senza riflettori nazionali nonostante il Codacons avesse inserito il Palababele tra le dieci incompiute più costose d'Italia. Uno spettacolo ripreso e pubblicato anche su youtube, spettatori decine e decine di canturini. L'allora assessore comunale ai Lavori pubblici, Umberto Cappelletti, ai microfoni delle tv locali precisa: «Nei lavori si cercherà di sprecare il minimo possibile del materiale esistente. Il cemento sarà triturato e rivenduto come sabbia, così come per le parti in metallo». La cupola rossa cadrà mestamente a settembre del 2010. In polvere il progetto Gregotti.

Gli annunci parlano di inaugurazione del palasport per il 2013, ma il cantiere parte il 20 aprile del 2012. Due anni dopo la demolizione. I problemi arrivano subito: la Turra costruzioni srl naviga in cattive acque. Viene acquistata dall'immobiliarista Luigi Sforza nel 2013 per 880mila euro. Significa anche che la società Turra palasport, creata per realizzare l'ambizioso progetto a Cantù e soprattutto per sfruttare i guadagni della parte commerciale, ha ora il 49 per cento nelle mani di Sforza mentre le quote maggioritarie sono rimaste al gruppo Turra. C'è una progoga per la fine dei lavori al maggio 2014, i costi calcolati arrivano a 36 milioni, mentre tutto il piano di project financing vieniva stimato in avvio del valore di 68 milioni. Il cantiere procede a fasi alterne, l'impresa non ce la fa e chiede revisioni dei costi fino a 50 milioni. Comune e Turra comunicano ormai per atti giudiziari. Il cantiere si ferma e solo nel 2018 il Comune ottiene in primo grado una sentenza favorevole che gli riconosce un milione di risarcimento per inadempimenti dell'impresa, che deve restituire i terreni per i servizi commerciali da sfruttare. Ma la Turra costruzioni intanto è vicina al fallimento, viene nominato un commissario liquidatore. Risultato: in corso Europa, c'è un altro enorme cantiere incompiuto, Un grande cratere in cemento armato, a ridosso di un centro commerciale in attività. La storia si è ripetuta, mentre un anno fa la nuova proprietà della squadra di basket ha costituito una società, la Cantù next spa, che ha tra i suoi obiettivi anche la costruzione del nuovo palasport. Ne fanno parte pure dieci imprenditori locali e, mentre la politica a Cantù si divide sul riutilizzo dell'area del cantiere rimasto incompiuto, la Cantù next spa lavora al progetto del palasport. E ha scritto all'attuale sindaco di centrodestra, Alice Galbiati, che conferma: «La società ha chiesto al Comune un confronto sullo studio di fattibilità realizzato per riprendere il progetto del palasport». Sono passati ormai 33 anni dal primo progetto dell'architetto Gregotti. La grande incompiuta lombarda è ancora lì, con il suo cantiere aperto. E la squadra di basket continua a giocare e ad allenarsi nel palazzetto di Desio.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA