Il procuratore antimafia Cafiero De Raho: «Spregiudicato e assurdo uso di armi, Napoli come Bitonto»

Il procuratore antimafia Cafiero De Raho: «Spregiudicato e assurdo uso di armi, Napoli come Bitonto»
di Giuseppe Crimaldi
Mercoledì 3 Gennaio 2018, 09:30 - Ultimo agg. 11:49
4 Minuti di Lettura
«Quello che è successo a Bitonto è un fatto gravissimo. Ma attenzione: perché non è militarizzando i territori infestati dalle mafie che risolveremo i problemi di sicurezza e di ordine pubblico in Italia. Le organizzazioni criminali vivono di guadagni derivanti dai traffici illeciti, a cominciare dalla droga e dal racket: per cui servono inchieste rapide, seguite soprattutto da processi, condanne ma - soprattutto - sequestri patrimoniali alle cosche». Nel suo studio di via Giulia, a Roma, Federico Cafiero de Raho segue ora per ora gli sviluppi delle indagini sull'omicidio dell'anziana uccisa durante un agguato nel centro storico da un commando armato che aveva come obiettivo un pregiudicato ventenne.

Dal Foggiano al Barese: è la Puglia delle mafie dimenticate?
«Non direi, e forse si abusa del termine di mafie dimenticate. L'azione dello Stato c'è ed è concreta. Tuttavia le mafie vanno studiate e contrastate singolarmente con gli strumenti che abbiamo: intercettazioni, collaboratori di giustizia, investigazioni. Ma lo strumento fondamentale deve essere quello delle indagini patrimoniali. Nella provincia di Foggia - dal Gargano al Tavoliere - contiamo qualcosa come un centinaio di clan, e il numero è semmai ancora superiore per quella di Bari. Parliamo dunque di territori con profonde infiltrazioni criminali, ciascuna delle quali adotta proprie strategie avendo diversi obiettivi. Sono mafie diverse da quella siciliana e calabrese, senza cioè organismi verticistici e sostanzialmente più assimilabili al quadro della camorra nella città di Napoli. In Puglia le iniziative giudiziarie hanno portato in galera decine di boss e gregari. Per cui oggi c'è chi cerca di occupare gli spazi vuoti lasciati dai vecchi capi».

E dunque? È legittimo auspicare un potenziamento di uomini e mezzi su questi territori fuori controllo?
«In Italia abbiamo le migliori eccellenze in campo investigativo e giudiziario, oltre ad una legislazione antimafia ormai da tutti riconosciuta come la migliore al mondo. Ce la invidiano tutti. Anche all'estero si convincono che le nostre misure di prevenzione rappresentano uno strumento straordinario. Sul potenziamento di uomini e mezzi deciderà il ministro dell'Interno. Ma io resto convinto che le organizzazioni criminali si combattono - al di là delle emergenze di ordine pubblico - stroncando il riciclaggio e le capacità economiche di reinvestimento dei proventi di provenienza illecita. Abbattere l'economia mafiosa: quella che deriva dai traffici di droga, ma anche dalle estorsioni e dall'usura. Per questo auspico che i tempi dei processi, delle esecuzioni di sequestri e confische patrimoniali oggi non sempre brevissimi, diventino più rapidi».

Qual è la situazione oggi tra Puglia e Campania?
«Al di là di ciò che percepiamo, siamo convinti che questa sia solo la punta di un iceberg. Come ho detto il quadro di Puglia e Campania è profondamente diverso da quello siciliano e calabrese, dove esiste ancora una organizzazione verticistica e notevolmente più strutturata. Nelle province di Bari e Foggia, come a Napoli, il racket e l'usura consentono ai clan di rinunciare agli interessi sul pizzo puntando direttamente all'acquisizione di intere attività economiche e imprenditoriali. Un inquinamento illecito galoppante. Favorito dal sistema creditizio che spesso finisce col portare le banche a chiudere i serbatoi senza lasciare scelta al piccolo risparmiatore».

 

In molti, rispetto a questo scenario, lamentano l'assenza di una società civile che spesso finge di non vedere, di non accorgersi. E di non ribellarsi.
«Questa è purtroppo una circostanza che ricorre in tutti i luoghi in cui ricorre una presenza radicata di gruppi mafiosi, nei quali devo ammettere non riscontriamo una forte reazione da parte della società civile. Quando a Reggio Calabria Tano Grasso fondò l'associazione, quell'esperienza restò isolata. E il fondatore dell'antiracket dovette gettare la spugna. Ma il quadro è complesso: se torniamo alla Puglia, tenga presente che nel Foggiano - ad oggi - non abbiamo un collaboratore di giustizia. E questo non aiuta. Eppure io credo che contro le mafie, via via che si raggiungono risultati significativi e concreti la gente inizia a collaborare».
Intanto a Napoli si continuano a registrare le «stese» di camorra.
«L'episodio di San Giovanni a Teduccio, come la tragedia di Bitonto, sono due facce della stessa medaglia: i quali dimostrano come, evidentemente, vi sia un uso delle armi spregiudicato e assurdo. Sono manifestazioni di ferocia cosi rapide che solo un presidio capillare del territorio che richiederebbe migliaia e migliaia di uomini - unito alla collaborazione dei cittadini - riuscirebbe forse a impedire».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA