Ilva, Fabio Riva figlio dell'ex patron assolto dall'accusa di bancarotta

Ilva, Fabio Riva figlio dell'ex patron assolto dall'accusa di bancarotta
Venerdì 5 Luglio 2019, 12:46 - Ultimo agg. 12:55
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Fabio Riva, uno dei componenti della famiglia ex proprietaria dell' Ilva di Taranto, è stato assolto oggi dal gup di Milano Lidia Castellucci nel processo con rito abbreviato e con al centro due accuse di bancarotta per il crac della holding che controllava il gruppo siderurgico. «Il fatto non sussiste», ha stabilito il giudice assolvendo l'imputato, che era assistito dall'avvocato Salvatore Scuto.

Nell'ottobre del 2017 Fabio Riva, difeso nel processo abbreviato anche dal legale Gian Paolo Del Sasso, e il fratello Nicola Riva si erano visti respingere dall'allora gup Chiara Valori la richiesta di patteggiamento (rispettivamente a 5 e a 2 anni), concordata con la Procura, nell'ambito del filone di indagine principale dell'inchiesta milanese sulla bancarotta, ritenendo la pena «incongrua». La prima bocciatura da parte di un altro giudice risaliva al febbraio del 2017. Nel febbraio 2018, poi, Nicola Riva aveva patteggiato 3 anni, mentre Fabio aveva scelto la strada dell'abbreviato (la Procura nel processo aveva chiesto una condanna a più di 5 anni). In precedenza, invece, nel maggio del 2017 aveva patteggiato 2 anni e mezzo Adriano Riva, fratello di Emilio, l'ex patron del colosso siderurgico scomparso nel 2014, firmando anche la transazione di rinuncia a quegli 1,1 miliardi sequestrati nell'inchiesta sul crac della holding che controllava l' lva. Somma che, con l'aggiunta di altri 230 milioni versati dalla famiglia, è stata poi destinata in gran parte per la bonifica ambientale dell'area su cui sorge lo stabilimento tarantino. A inizio 2017, tra l'altro, il gip Maria Vicidomini aveva bocciato sia le istanze dei Riva sulle pene ritenute troppo basse (tra i 2 e i 5 anni) che l'intesa con cui i Riva avevano dato l'assenso a far rientrare in Italia gli 1,33 miliardi di euro per metterli a disposizione della bonifica ambientale dello stabilimento tarantino. Intesa che poi, però, si era sbloccata di fronte a un altro giudice.

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