L'INCHIESTA

Inchiesta Covid, Conte: «Mai avuto in mano bozza su zona rossa». Fontana: «Chiesto restrizioni in Val Seriana»

Toccherà al Tribunale dei Ministri di Brescia valutare la posizione dell'ex premier Giuseppe Conte e dell'ex ministro della Salute Roberto Speranza, tra gli indagati dalla Procura di Bergamo nell'inchiesta sulla gestione della prima ondata di Covid

Inchiesta Covid Bergamo, Crisanti: «All'ospedale di Alzano Lombardo il virus circolava già dal 4 febbraio 2020»
Inchiesta Covid Bergamo, ​Crisanti: «All'ospedale di Alzano Lombardo il virus circolava già dal 4 febbraio 2020»
Sabato 4 Marzo 2023, 11:35 - Ultimo agg. 23:40

Speranza a pm: servivano misure più forti di zona rossa

«Non si riteneva più possibile contenere la diffusione del virus in aree circoscritte. C'era invece bisogno di misure rigorose che però avrebbero dovuto riguardare un'area molto più vasta». Così l'allora ministro della Salute Roberto Speranza, sentito dai pm di Bergamo nel giugno 2020, ha parlato del «cambio di linea» che maturò in una riunione tra il Cts e Giuseppe Conte il 6 marzo, quando si andava verso il lockdown nazionale. Speranza nel verbale di sei pagine ha anche riferito che non ci fu «alcuna richiesta formale» dalla Regione Lombardia su una zona rossa in Val Seriana.

Fontana a pm: abbiamo chiesto zona rossa in Val Seriana

«Noi credevamo nella realizzazione della zona rossa; che poi sarebbe stata utile non so dire, però a Codogno aveva funzionato. La nostra proposta è stata quella di istituire la zona rossa». Lo ha messo a verbale, sentito il 29 maggio del 2020 dai pm di Bergamo, il governatore lombardo Attilio Fontana, rispondendo alle domande sulla mancata zona rossa in Val Seriana. Fontana, ora tra i 19 indagati nell'inchiesta, nella testimonianza aveva detto che c'era «stata una direttiva dell'8 marzo 2020 del Ministro Lamorgese indirizzata ai Prefetti che prevedeva che l'istituzione della zona rossa era competenza esclusiva del Governo».

Conte a pm: il 6/3 soluzione più rigorosa di zona rossa

«Di fronte» agli approfondimenti del Cts «e alla luce degli ultimi dati, emerse l'orientamento degli esperti di una soluzione ancora più rigorosa e complessiva, non limitata ai solo due comuni della Val Seriana», ma a tutta Italia. Lo ha spiegato il 12 giugno 2020, l'allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sentito come teste dai pm di Bergamo nell'indagine sulla gestione del Covid nella Bergamasca. Conte ha raccontato che la mattina del 6 marzo 2020 si era recato negli uffici della Protezione Civile dove si svolse «una ampio confronto» sui dati epidemiologici «della Val Seriana e degli altri territori lombardi e non solo».

Crisanti: Il 28/02 scelte cruciali di improvvisazione

Fu il «28 febbraio 2020» il giorno cruciale che portò l'Italia a non riuscire a contrastare la pandemia da Covid, malgrado i dati a disposizione, perché invece che alle zone rosse, come quella da applicare in Val Seriana, il Comitato tecnico scientifico si affidò a «misure proporzionali» per combattere un «virus che si propagava esponenzialmente». Lo sostiene, nella sua consulenza per la Procura di Bergamo, il microbiologo Andrea Crisanti. Le «valutazioni e le decisioni del Cts prese il 28 febbraio», si legge, «avranno conseguenze devastanti nel controllo dell'epidemia in Italia che si trova da quel momento in balia all'improvvisazione». Il piano pandemico nazionale «non era stato attivato il 5 gennaio», giorno dell'allarme lanciato dall'Oms, e poi il 28 febbraio il Cts «abbandonava anche le indicazioni del Piano Covid di risposta all'emergenza preparato dalla fondazione Kessler». Adottò, invece, come risulta dagli atti acquisiti dagli inquirenti, una linea «ispirata a un principio di proporzionalità». Come se, scrive Crisanti, «prima di estendere le misure previste per la zona rossa si dovesse realizzare uno scenario ancora peggiore di quello che aveva indotto il Cts e il MInistro Speranza a secretare il Piano Covid». Nella relazione di Crisanti anche considerazioni di questo tipo: «con questi livelli di progressione e le conoscenze di matematica impartite alle nostre scuole medie si sarebbe potuto facilmente calcolare che nel giro di due giorni i casi avrebbero raggiunto quota mille» in Lombardia, dopo il 28

Crisanti cita il messaggio di Speranza: «Conte senza una relazione strutturata non chiude i due comuni»

«Conte senza una relazione strutturata non chiude i due comuni.

Pensa che se non c'è una differenza con altri comuni ha un costo enorme senza beneficio». Lo scriveva, nei primi giorni di marzo 2020, l'allora ministro della Salute Roberto Speranza in un messaggio inviato al direttore dell'Iss Silvio Brusaferro. Lo si legge nella relazione del professore Andrea Crisanti, agli atti dell'inchiesta bergamasca sul Covid, nella quale si dà conto delle «riserve del primo Ministro Conte ad adottare provvedimenti di zona rossa» in particolare ad Alzano e Nembro, in Val Seriana.

Crisanti: all'ospedale di Alzano Lombardo il Covid circolava già dal 4 febbraio 2020

All'ospedale di Alzano Lombardo il Covid circolava già dal 4 febbraio 2020, più di due settimane prima della data del caso di Paziente 1, con tre pazienti infetti ricoverati nel reparto di medicina al terzo piano e uno nel reparto al secondo piano «con un quadro clinico compatibile con infezione da Sars-Cov2 poi confermata con tampone molecolare». Lo si legge nelle consulenza del microbiologo Andrea Crisanti depositata agli atti dell'inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima ondata di Coronavirus nella Bergamasca in cui sono indagati, tra gli altri, l'ex premier Giuseppe Conte e l'ex ministro Roberto Speranza.

Crisanti:

«Già dal giorno 12.02.2020», ossia otto giorni prima di Paziente 1, i componenti «prima della della task force del ministero e poi del Cts, erano «consapevoli della difficoltà di reperire Dpi e materiali per la loro produzione» e quindi conoscevano «la situazione di vulnerabilità in cui si trovava l'Italia e del rischio a cui avrebbero esposto la popolazione e gli operatori sanitari non prendendo iniziative idonee». Lo scrive il microbiologo Andrea Crisanti nella relazione agli atti dell'inchiesta sulla gestione del Covid in Val Seriana in cui tra gli indagati ci sono l'ex premier Conte, l'ex ministro Speranza e i suoi tecnici.

Crisanti: piano Covid segretato per non allarmare

L'allora ministro Roberto Speranza, «il prof Brusaferro, il dott. Miozzo, il dott. D'Amario» erano «a conoscenza del Piano Covid», degli «scenari di previsione» e «della gravità della situazione» e presero «la decisione di segretare il piano per non allarmare l'opinione pubblica». Circostanza di cui erano «a conoscenza» anche «i vertici di Regione Lombardia». Lo scrive nella sua relazione, agli atti dell'inchiesta di Bergamo, Andrea Crisanti che parla di «responsabilità degli organi decisionali nazionali (Cts, ministero della Sanità e Presidenza del Consiglio) e di Regione Lombardia» nella mancata zona rossa in Val Seriana.

Crisanti: Speranza scartò piano pandemico perché influenzale

L'Italia, quando scoppiò l'epidemia di Covid, «aveva un manuale di istruzione, questo era il piano pandemico. Se poi ha affrontato la pandemia senza un manuale è perché questo (...) è stato scartato a priori senza essere valutato dai principali organi tecnici del ministero», ai quali l'ex ministro Speranza «fa riferimento (...) quando afferma che il piano era datato e non costruito specificamente su un coronavirus ma su un virus influenzale». Lo scrive il microbiologo Andrea Crisanti nella relazione agli atti dell'inchiesta di Bergamo sulla gestione del Covid in val Seriana a carico, tra gli altri, dell'ex premier Conte e Speranza.

Inchiesta Covid Bergamo. Toccherà al Tribunale dei Ministri di Brescia valutare la posizione dell'ex premier Giuseppe Conte e dell'ex ministro della Salute Roberto Speranza, tra gli indagati dalla Procura di Bergamo nell'inchiesta sulla gestione della prima ondata di Covid in Val Seriana, la zona più colpita d'Italia e dove tra la fine di febbraio e i primi di marzo 2020 la diffusione del virus era oramai «incontrollabile» a causa, secondo la prospettazione dell'accusa, di una serie di ritardi e omissioni dovuti alla mancata istituzione della zona rossa e alla non applicazione del piano pandemico influenzale del 2006, quello che tre anni fa era in vigore in quanto mai aggiornato. «Ora denunce per non aver chiuso a sufficienza, in precedenza invece per aver chiuso», ha commentato l'ex premier Giuseppe Conte, che ha detto di aver riferito alla Procura sulla zona rossa e di essere «tranquillo». 

I pm bergamaschi hanno inviato, intanto, gli atti relativi alle posizioni dell'allora Capo del Governo e ora presidente di M5S e dell'attuale deputato di Articolo 1 ai colleghi bresciani. Faldoni di carte che ora il Procuratore Francesco Prete con i suoi sostituti hanno cominciato ad esaminare. Come prevede la legge avranno tempo 15 giorni, non per indagare, ma solo per 'studiarè la documentazione per poi inviarla al collegio composto da tre giudici con eventuali richieste istruttorie. In questo caso il Tribunale dei Ministri entro 60 giorni dovrà decidere se consentire ulteriori approfondimenti, altrimenti entro 90 giorni dovrà compiere le indagini preliminari in seguito alle quali potrà disporre o l'archiviazione (non si può impugnare) o la trasmissione al Procuratore affinché chieda l'autorizzazione a procedere alla Camera di appartenenza.

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