Test sierologici anti-Covid, indagati vertici San Matteo di Pavia e Diasorin: ipotesi peculato

Test sierologici anti-Covid, indagati vertici San Matteo di Pavia e Diasorin
Test sierologici anti-Covid, indagati vertici San Matteo di Pavia e Diasorin
Mercoledì 22 Luglio 2020, 09:44 - Ultimo agg. 23 Luglio, 07:11
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Un'inchiesta sui test sierologici del Coronavirus vede indagati i vertici del Policlinico San Matteo di Pavia e della società Diasorin. L'indagine è della Procura della Repubblica di Pavia e riguarda l'accordo tra l'ospedale pavese e la società piemontese per l'effettuazione dei test sierologici anti-Covid. Diasorin è stata favorita nell'accordo con la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia per lo sviluppo di test sierologici e molecolari per la diagnosi del Covid 19? Ora non è solo un'azienda concorrente, che ha presentato denuncia, a pensarlo ma anche una Procura che ha aperto un'inchiesta su otto persone, tra vertici del San Matteo e della multinazionale farmaceutica piemontese, facendo perquisire uffici e abitazioni, sequestrando agende, appunti, materiale informatico e la corrispondenza di posta elettronica contenuta anche in server aziendali. 

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LE CARTE


«La scelta operata dal policlinico San Matteo di procedere a un accordo diretto con Diasorin, tra i tanti operanti sul mercato, è apparsa subito viziata - si legge nel decreto di perquisizione notificato dalla Guardia di Finanza - da un evidente conflitto d'interessi in capo al professor Baldanti (Fausto ndr.), che ricopriva contemporaneamente il ruolo di responsabile scientifico del progetto di collaborazione Fondazione San Matteo e Diasorin e la carica di membro del Gruppo di lavoro del Consiglio superiore di sanità presso il Ministero della salute competente per la valutazione del test, nonché di membro del tavolo tecnico -scientifico istituito con Decreto 3353 del 15/03/2020 dalla Regione Lombardia con il compito di fornire indicazioni al fine di sviluppare un approccio diagnostico omogeneo su base regionale per la diagnostica e testing in vitro per la ricerca del Covid 19». Turbata libertà di scelta del contraente e peculato le ipotesi di reato.

Per i pm sarebbero stati «utilizzati beni mobili, materiali (personale, laboratori e strumenti) e immateriali (conoscenze scientifiche tecnologiche e professionalità)», patrimonio indisponibile dell'ente pubblico e così sottratti alla destinazione pubblica per il soddisfacimento di interessi privatistici che restavano nell'esclusiva titolarità di privati, anziché dell'Ente che aveva finanziato la ricerca. Sarebbero stati esclusi quindi operatori con «metodologie già validate o in possesso di marchiatura Ce, a differenza di Diasorin», come il metodo Maglumi e Khb «il cui utilizzo fu oggetto di esplicite diffide da parte dell'Assessorato regionale alla sanità e dalle Ats regionali e provinciali che vi avevano fatto ricorso».
 

LEGAMI POLITICI


E c'è anche qualche sindaco, quello di Robbio e di Cisliano, che a provare questi metodi avevano tentanto e hanno riferito a verbale di «atteggiamenti a dir poco ostruzionistici nei loro confronti da parte di esponenti politici regionali della Lega Nord». Sono gli stessi pm, del resto, a voler far luce sui «legami politici» che possono aver influito sulla scelta della Diasorin come partner del San Matteo. «Occorre riferire che la Diasorin spa, oltre alla sede di Saluggia (Vercelli) ha uffici nell'Insubrias Biopark a Gerenzano (Varese)». Proprio nel polo scientifico Insubria Biopark, «si trova la sede legale della Fondazione Istituto insubrico il cui direttore generale è Andrea Gambini, già commissario della Lega varesina e presidente della Fondazione IRCCS Carlo Besta».
Diasorin (due esponenti di punta sono indagati) ribadisce «la correttezza del proprio operato» e ripone «piena fiducia» nell'esito degli accertamenti e ricorda che «la decisione del Tar per la Lombardia di annullare tale accordo, sulla base dei medesimi rilievi attualmente posti a fondamento dell'ipotesi investigativa della Procura di Pavia, è stata sospesa dal Consiglio di Stato».

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