Industrie fantasma: dalla truffa
al ghetto degli immigrati

Industrie fantasma: dalla truffa al ghetto degli immigrati
di Valentino Di Giacomo
Giovedì 8 Agosto 2019, 08:50 - Ultimo agg. 19:33
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Una forte esplosione, poi l'incendio. Così ieri all'alba ha perso la vita una donna di 28 anni, nigeriana, morta tra le fiamme divampate in uno dei tre capannoni dell'ex complesso industriale «La Felandina» a Metaponto di Bernalda, in provincia di Matera. Una tragedia annunciata nonostante da anni quella zona sia sotto stretta sorveglianza della magistratura e delle forze dell'ordine. Sul posto sono subito intervenuti i mezzi dei vigili del fuoco, polizia e carabinieri, ma non c'è stato nulla da fare.

 

Lì, in quei capannoni vicini ai campi di raccolta della Lucania, ci dormono da anni almeno 500 migranti che non sanno dove andare. Così come Eris Petty Stone, la 28enne deceduta, solo un caso fortunato che l'esplosione di una bombola del gas, causa dell'incendio, non abbia provocato altre vittime né feriti.
L'INCENDIO
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori la donna era arrivata in Italia nel 2015, quando presentò domanda per il permesso di soggiorno alla questura di Padova che però la respinse. In seguito la donna, con due figli rimasti in Nigeria, aveva fatto ricorso ed era in attesa del responso. Il capannone dove è stato trovato il cadavere della donna è stato posto sotto sequestro dall'autorità giudiziaria, mentre sono in corso le operazioni di bonifica, che prevedono anche la rimozione di altre bombole di gas. Tutti conoscevano le condizioni igienico-sanitarie precarie in cui vivevano le centinaia di migranti impegnati nei campi agricoli della zona jonica lucana e spesso sfruttati dai caporali. Il Comune ne aveva ordinato lo sgombero tre mesi fa, ma i tempi e le lentezze della burocrazia - come ha ricordato il sindaco metapontino, Domenico Tataranno - hanno fatto sì che rimanesse sulla carta. Le fiamme hanno colpito i tre capannoni che solo teoricamente avrebbero dovuto essere abbandonati, non era così nella pratica e tutti lo sapevano. Due degli edifici hanno subito danni lievi, il terzo è andato completamente distrutto, lì dove è stato ritrovato il cadavere carbonizzato della giovane nigeriana. Le indagini, coordinate dalla pm di Matera Christina De Tommasi e dal questore Luigi Liguori, si sono concentrate in particolare sulla bombola carica di gas utilizzata dalla donna per cucinare. Altre bombole di gas sono state rimosse durante le operazioni di bonifica che sono andate avanti per diverse ore. Nel frattempo le centinaia di migranti «ospitati» in questi giorni nei capannoni abbandonati hanno atteso a lungo all'esterno per poter riprendere le loro cose, ma ora non sanno più dove andare a dormire. La situazione è stata esaminata in serata a Matera durante una riunione d'urgenza del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal prefetto Demetrio Martino: nelle prossime ore si lavorerà per una soluzione «graduale» e senza rischi per l'incolumità delle persone.
LE INCHIESTE
Eppure quel complesso avrebbe dovuto essere un polo di eccellenza industriale. Anni e anni di progetti messi solo su carta e disattesi nella pratica. Nel 2003 fu firmato al Ministero delle Attività produttive un contratto che prevedeva la realizzazione di 24 iniziative industriali con investimenti previsti per 106 milioni di euro (60 finanziati dallo Stato). C'erano anche le previsioni occupazionali che, a regime, avrebbero dovuto dar vita a 628 nuovi posti di lavoro. Dopo quasi venti anni il risultato - come troppo spesso accade al Sud - è stato di edifici abbandonati e progetti mai partiti. Alla fine dello scorso anno se ne sono interessate anche le Fiamme Gialle per un giro di fatture false e truffe per accaparrarsi e spendere illecitamente i fondi assegnati dallo Stato. Indagate 14 persone tra manager e professionisti.
UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA
Sapevano tutti delle condizioni in cui vivevano i migranti nei capannoni. Un tragitto, quello verso gli stabilimenti, che spesso compiono a piedi i ragazzi che vanno a lavorare per le raccolte nei campi. Già l'estate scorsa morì un cittadino africano, investito di sera da un'automobile di passaggio. Un percorso che i migranti fanno spesso, imprudentemente, senza gilet rifrangenti o in bicicletta senza luci. «Una morte annunciata» anche secondo don Pasquale Giordano, parroco di Bernalda e responsabile della Caritas. «Il Demanio - ha detto il prete - avrebbe potuto rendere più umane le condizioni di queste persone, ma non sono mai intervenuti». Il sindaco ha invece accusato il governo spiegando di essere stato lasciato solo ad affrontare l'emergenza.
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