Jfk, Ban Ki-moon: attuale dopo mezzo secolo dai diritti umani alla tolleranza razziale

Ban Ki-moon
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di Ban Ki-moon *
Venerdì 22 Novembre 2013, 10:00 - Ultimo agg. 13:29
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Uno dei miei pi grandi rimpianti di non aver conservato meglio l’autografo firmato dal Presidente Kennedy quando ebbi l’immensa fortuna di incontrarlo, nelle vesti di un anonimo studente proveniente da un polveroso villaggio coreano. Mi trovavo negli Stati Uniti per un tour organizzato dalla Croce Rossa, parte di un gruppo di giovani di tutto il mondo. Era più di una visita in un Paese straniero - era un pellegrinaggio nella terra delle opportunità, una democrazia luminosa che aveva aiutato il mio Paese a uscire dalle sue ore più buie. La firma del Presidente Kennedy rimase dispersa tra la moltitudine di impronte dei miei amici, che afferrarono il Bollettino della Casa Bianca e se lo passarono con una tal foga che, quando mi tornò fra le mani, non vi era più traccia dell’autografo. Ma nulla potè rimuovere il segno che il presidente americano lasciò nella mia vita.



Incontrarlo fu un punto di svolta. Le sue parole quel giorno al South Lawn ispirarono in me la decisione di diventare un diplomatico e dedicarmi al servizio pubblico. Osservando i nostri gruppi, rappresentanti di Paesi situati ai lati opposti della Cortina di Ferro, il Presidente Kennedy ci ricordò che noi potevamo essere amici anche se i nostri governi non lo erano. E poi disse le parole a cui ho deciso di legare la mia vita: «Non esistono linee di confine nazionali; l’unica questione che si pone è se possiamo tendere una mano d’aiuto».



Man mano che maturavo e la mia carriera avanzava nel servizio diplomatico nazionale, quell’idea diventava più definita, e decisi di voler dare il mio contributo al bene pubblico mondiale. In qualità di Segretario Generale delle Nazioni Unite, faccio del mio meglio per servire le persone di tutto il mondo, in nome delle quali è stata adottata la Carta dell’Organizzazione. Il Presidente Kennedy aveva una grande fede nelle Nazioni Unite. Il suo ultimo discorso all’Assemblea Generale, poche settimane prima della sua morte, rappresenta un manuale introduttivo ai problemi che ci affliggono ancora oggi. Sottolineò l’indivisibilità dei diritti umani. Si oppose agli sprechi relativi alla spesa militare. Parlò a favore della tolleranza razziale e religiosa. Lodò l’impegno delle Nazioni Unite nel peacekeeping. E insistette affinché abbracciassimo la pace non solo sulla carta, ma nei nostri cuori. Questi sono i valori che io difendo, insieme al personale delle Nazioni Unite presente in tutto il mondo.



Nel corso dei miei incontri con i giovani del mondo, cerco di far loro arrivare il messaggio che John Fitzgerald Kennedy mi ha consegnato. «Sii un cittadino globale e ama il tuo Paese servendo il mondo». Poco dopo la mia nomina a Segretario Generale, il Senatore Edward Kennedy venne a trovarmi, portandomi una foto incorniciata del nostro gruppo al South Lawn insieme al discorso che il Presidente Kennedy tenne quel giorno. Fui profondamente colpito dalla sensibilità del Senatore Kennedy che aveva capito quanto mi fosse cara la memoria del mio incontro con il fratello.

Riflettendo sulla tragica scomparsa del Presidente Kennedy ormai mezzo secolo fa, comprendo che forse dovrei smettere di rimpiangere di aver perso il suo autografo. Quella firma non si è dissolta nel nulla; è stata assorbita dalla pelle dei miei compagni attraverso il loro entusiasmo. Spero di poter continuare a diffondere il messaggio di quest’uomo, che è rimasto ben saldo sui propri grandi ideali e ha posto una tal fede nelle Nazioni Unite, fra tutte le persone, specialmente la gioventù mondiale.



* Segretario Generale delle Nazioni Unite
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