L’esercito dei baby-profughi:
boom di richieste per i tutor

L’esercito dei baby-profughi: boom di richieste per i tutor
di Gino Giaculli
Lunedì 4 Dicembre 2017, 07:30 - Ultimo agg. 14:02
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I visi stravolti, impauriti. I corpi tremanti mentre sbarcavano al porto di Palermo: 241 tra bimbi e adolescenti, baby profughi salvati in mare su un totale di 606 migranti soccorsi in 7 diverse operazioni in ottobre. Tra quei 241 a bordo di quella che è stata chiamata la «nave dei bambini» c’erano anche dei piccoli di età tra i pochi giorni e solo qualche anno. 120 di loro erano soli. Sono andati a ingrossare le fila di quelli che la sigla definisce Msna (minori stranieri non accompagnati). E alcuni giorni fa, a Salerno, l’orrore dell’arrivo della nave con le 26 migranti morte, tra i 401 profughi sbarcati c’erano 24 minori con i genitori, altri 18 non erano accompagnati. E ancora 98 minori, soccorsi nel Mediterraneo, sono arrivati a Catania una settimana fa. Al 31 ottobre, dati del ministero del Lavoro, avevamo in Italia 18.479 minori stranieri non accompagnati presenti e censiti, la stragrande maggioranza maschi: 17.210 e 1.269 femmine. 14.579 i non accompagnati arrivati via mare in Italia da gennaio al 25 ottobre 2017. Cosa fanno questi minori in Italia? Sono ospiti in strutture di accoglienza e seguiti da istituzioni, enti e associazioni.

Sette mesi fa una larga fetta del Parlamento ha dato luce verde alla nuova legge che protegge i minori non accompagnati a parità di trattamento con i bimbi della Ue. Tante, e positive come venne riconosciuto, le novità introdotte a tutela dei minori profughi dalla «legge Zampa», dal nome della deputata del Pd Sandra Zampa che la propose. Tra queste: la banca dati nazionale con le cartelle sociali dei minori; la regola che il minore non deve restare oltre 30 giorni in centri di prima accoglienza dedicati; la figura del tutore volontario per il minore; tutele più efficaci per il diritto all’ascolto, alla salute e all’assistenza legale; divieto di respingimento alla frontiera. Una risposta, fu ricordato, di fronte all’agghiacciante dato del 2016: l’anno scorso erano sbarcati in Italia 25.846 minori non accompagnati, il doppio di quelli del 2015.
 
Ma oggi come va la nuova legge? Sandra Zampa avverte: «I regolamenti attuativi ci saranno entro gennaio, è stato istituito il tavolo che deve emanarli. Ma ci sono ancora problemi, ad esempio serve una circolare sulle identificazioni». Punto dolente è la riduzione della permanenza a 30 giorni dei minori nei centri di prima accoglienza: «Un aspetto difficile da accettare - dice la deputata del Pd - e certo i nodi ci sono». Quello della prima accoglienza è «uno dei punti di sofferenza più grandi», spesso «i ragazzi scompaiono in quel periodo», con «rischio per la vita e incolumità» che «in uno Stato di diritto non può essere tollerato. Ma questa legge è nata per cambiare le cose, per migliorarle: i minori restano ancora troppo in quei centri. Bisogna invertire la rotta». Riforma tradita o si può recuperare? «Guardi - nota Zampa - la legge impone un cambiamento serio soprattutto ai ministeri. Con l’innesto dei tutor le cose miglioreranno. Rileviamo in positivo la sorprendente richiesta di tutor volontari. Non mi aspettavo tanta adesione dalla società civile. Il garante nazionale dell’infanzia che ha avviato i corsi di formazione: abbiamo finora circa 2000 richieste». Ci sarà un rapporto di uno a uno con il minore: «Una figura che farà la differenza controllando il ragazzo dal momento dell’accoglienza. Un’altra delle novità partite è la cartella sociale del minore. La legge funzionerà bene se ognuno farà la sua parte».

Anche Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save The Children rileva un avvio della nuova legge non ancora a pieno regime: «C’è tantissima adesione alla figura del tutor volontario, un adulto che si dedica al minore solo. Il tutor - che opera senza rimborso spese - orienterà e accompagnerà il minore straniero fino all’età adulta». Poi anche la Milano batte sulle «molte difficoltà. La legge prevede che i ragazzi non restino in prima accoglienza oltre 30 giorni e invece ci restano ancora troppo. Aspettiamo i decreti attuativi, il governo deve muoversi prima della fine della legislatura. Ora però c’è l’iniziativa del Viminale che ha convocato un tavolo specifico. Ma noi chiediamo un tavolo permanente per far lavorare insieme tutti gli attori». Una riforma ferma, o tradita? «Noi dobbiamo crederci - osserva la Milano - È una legge con obiettivi importanti. Dobbiamo accompagnarne l’attuazione, vedo passi avanti. La legge è nata dal basso e chi è sul campo la vuole attuare».

Intanto, sottolinea Manuela De Marco, dell’ufficio immigrazione Caritas: «È stato organizzato il sistema informativo sui minori stranieri non accompagnati in capo al ministero del lavoro. La banca dati è uno strumento ottimale. Aspettiamo le norme regolamentari». Ma anche l’esponente della Caritas rileva la questione della riduzione a 30 giorni di permanenza dei minori nella prima accoglienza: «La norma è stretta proprio per dare più impulso alle strutture. Certo, un mese è poco, ma il punto è proprio farci stare il minore il meno possibile. Ora è il governo che deve far chiarezza con la regolamentazione entro la legislatura».

L’emergenza non è finita con la riduzione degli sbarchi: -32,35% da inizio anno, -67,61% da luglio. Migliaia i baby stranieri non accompagnati divenuti nel tempo irreperibili: 5.509, stando agli ultimi dati. Piccoli esposti a ogni rischio: da quello criminale al tornare dagli sfruttatori per cercare di uscire dall’Italia e riunirsi a familiari o connazionali in altri Paesi. «Spesso i piccoli sono mandati allo sbaraglio dalle famiglie - puntualizza la De Marco - la Ue deve intervenire: è urgente la riforma del regolamento di Dublino».

Un passo avanti al Parlamento europeo: via libera ai negoziati con il Consiglio e la Commissione sulla riforma del regolamento di Dublino. Con questa proposta il Paese in cui un richiedente asilo arriva per primo non deve essere più automaticamente e unicamente responsabile di valutarne la richiesta. I richiedenti dovrebbero invece essere distribuiti in tutti i paesi Ue. In base al testo della relatrice, la liberale svedese Cecilia Wikstrom, gli Stati membri che non accetteranno la loro quota di richiedenti asilo correrebbero il rischio di veder ridotto l’accesso ai fondi Ue. Ma le proposte potrebbero uscire stravolte dal negoziato: i governi dell’Unione, rappresentati in Consiglio, non hanno ancora una posizione comune per farlo partire.
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