Giovane pestato a Lanciano, la madre: «È in coma, quei bulli qui li conoscono tutti»

Giuseppe Pio D’Astolfo e la padre Paola Iasci
Giuseppe Pio D’Astolfo e la padre Paola Iasci
di Walter Berghella e Antonio Di Muzio
Martedì 20 Ottobre 2020, 00:36 - Ultimo agg. 07:00
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Restano gravi le condizioni di salute di Giuseppe Pio D’Astolfo, il diciottenne di Lanciano (Chieti) aggredito e colpito con un unico e potente pugno alla tempia sinistra l’altra notte da una baby gang all’interno dell’area dei binari dismessi dell’ex ferrovia Sangritana, in pieno centro.  

Dopo gli interventi per bloccare l’emorragia cerebrale il ragazzo resta in coma farmaceutico alla rianimazione dell’ospedale di Pescara. Sul fronte dell’indagine i cinque aggressori, di cui tre sarebbero minori, hanno il fiato sul collo dei carabinieri che ieri hanno tenuto un summit col procuratore capo Mirvana Di Serio e il pm Serena Rossi, titolari dell’inchiesta. Presenti il colonnello Alceo Greco, comandante provinciale di Chieti, e il maggiore Vincenzo Orlando, a capo della compagnia di Lanciano.

Una seconda informativa è stata inoltrata alla procura dei minori dell’Aquila.

Sabato notte il ragazzo ferito era nella vecchia stazione con due altri amici, un giovane di 25 anni, ospite nella sua stessa abitazione, e una minore di 16, quando per futili motivi sono stati affrontati dalla baby gang distante pochi metri. Uno sguardo non gradito poi l’invito alla vittima: «Vieni qua, vieni qua». Col ferito che risponde «Ma che vuoi?». Il diciottenne viene colpito sulla tempia, l’amico sfiora il colpo e riesce a divincolarsi unitamente alla sedicenne. Ieri i militari li hanno di nuovo interrogati, poi sentiti nuovi testi e nuovamente visionati i filmati delle telecamere della zona, non chiari e neppure puntati sui binari. Nella movida dei più giovani ad ogni week end scorrono fiumi di vino, birra, alcolici e droga. Pure ieri notte, come nulla fosse accaduto. Un’area di degrado nota da tempo senza che nessuno sia intervenuto a prevenire. Tanti gli adolescenti e un paio di gruppi che cercano di imporsi. «Ragazzi conosciuti, ma nessuno parla per paura»; lo dicono gli esercenti e lo pensano i genitori del ferito.

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È disperata la madre Paola Iasci. C’è chi sa e non parla?
«Certo, un orribile incubo. Chiedo che si abbatta il muro di omertà su questa terribile vicenda. Mio figlio si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato».

Quanto ha saputo dell’accaduto?
«Domenica mattina. Con mio figlio avevo parlato al telefono alle 20.30 con la promessa che ci saremmo sentiti più tardi. Aveva un appuntamento con due amici e così non ha richiamato».

Anche oggi l’ha visto in ospedale, come sta?
«È sempre grave anche se i medici dicono che accenna a piccoli miglioramenti. La speranza è che guarisca e torni quello di prima, un ragazzo solare».

Suo figlio vive da solo?
«È un ragazzone di quasi due metri, da un anno lavora in un negozio di surgelati. Per il compleanno, lo scorso 2 giugno, è andato a vivere da solo in centro storico. Per regalo voleva la sua autonomia. Forse non era pronto, è ancora un bambinone. Avrei forse dovuto seguirlo meglio».

Dall’ospedale di Pescara il padre Giuseppe D’Astolfo, stesso nome del figlio, dice: «Si facciano l’esame di coscienza i giovani che hanno aggredito mio figlio mettendolo a rischio di vita».

Una violenza grave e gratuita?
«Certo, riflettano su quanto hanno fatto. Quanto accaduto non è uno scherzo».

Suo figlio è stato in serio pericolo.
«Sì perché la vita è il dono più bello, unitamente alla libertà. Ma quello che è successo all’ex stazione è stato un fatto gravissimo e non ho parole per commentarlo».

Le pesa parlare di questa aggressione?
«Non esiste una cosa del genere, che uno se ne va in giro e viene aggredito da 5 persone e rischia di morire. Mio figlio ha subito un’operazione al cervello e speriamo si riprenda»

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