Lamorgese: «Estremisti, insidia seria. Serve una legge anti-rave»

Lamorgese: «Estremisti, insidia seria. Serve una legge anti-rave»
Lamorgese: «Estremisti, insidia seria. Serve una legge anti-rave»
di Cristiana Mangani
Domenica 7 Novembre 2021, 07:00 - Ultimo agg. 21:50
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Sono state settimane molto complicate per la gestione della sicurezza e dell’ordine pubblico.
Ministra Luciana Lamorgese, cosa ha funzionato e che cosa no?

«A quasi due anni dall’inizio dell’emergenza Covid-19, i cittadini continuano ogni giorno a mostrare una straordinaria collaborazione e senso civico nel rispetto delle misure di contenimento della pandemia. E anche le circa 6.200 manifestazioni che si sono svolte in questo periodo sono state nella quasi totalità pacifiche e ordinate. Ciò non toglie che non debba mai essere abbassata la guardia di fronte al rischio che sparute minoranze di estremisti possano turbare il pacifico svolgimento delle varie forme di protesta, con l’unico obiettivo di creare disordini. Si tratta di insidie serie, da non sottovalutare mai, che in ogni caso le forze di polizia e la magistratura sono in grado di affrontare con la dovuta determinazione». 

Il sistema sicurezza ha garantito la perfetta riuscita del G20, ma continuano a verificarsi episodi difficili da controllare. In che modo si pensa di intervenire? 
«Nel momento in cui, il Forum dei Grandi della Terra si è concluso senza un solo incidente, tutti hanno riconosciuto che il governo ha vinto la sfida del G20 anche sotto i profili della sicurezza e della gestione dell’ordine pubblico che hanno comportato un grandissimo sforzo organizzativo.

Lo scorso fine settimana, grazie alle misure messe a punto in sede di Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, tutte le componenti del sistema sicurezza hanno saputo mettere in campo un complesso gioco di squadra. Quasi 10 mila unità tra forze di polizia, forze armate e polizie locali, hanno vigilato sulla sicurezza del vertice dei capi di Stato e di Governo con l’impiego di decine di mezzi speciali, dei servizi di prevenzione antiterrorismo, di un complesso dispositivo di difesa aerea, dei sistemi anti-drone, dei Nuclei per gli attacchi batteriologici e chimici dei Vigili del Fuoco. A chi ha reso possibile tutto questo rinnovo il mio ringraziamento e quello del governo, estendendo un apprezzamento anche ai cittadini romani che hanno sopportato non pochi disagi».

G20 a parte, a distanza di pochi mesi dal rave di Viterbo, la scena si è ripetuta a Torino, e prima ancora è mancata la prevenzione nella manifestazione del 9 ottobre a Roma. Quali le difficoltà? 
«I rave party si sono sempre svolti. Solo nel 2018 ci sono stati almeno una cinquantina di raduni clandestini, dalla centrale di Montalto di Castro alla fabbrica ex Viberti di Nichelino. E come è stato osservato in più occasioni, le leggi in vigore non ci mettono in condizione di contrastare questi grandi rave illegali come avviene in altri Paesi d’Europa dove le norme sono più severe. Sono consapevole del senso di preoccupazione che questo fenomeno determina nell’opinione pubblica, sia per i comportamenti illegali connessi all’abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti, sia per i riflessi sulla possibile diffusione dei contagi».

Cosa si può fare in Italia?
«Non può certo essere ignorata la sentenza della Corte di Cassazione del 2017 incentrata sulla non punibilità degli organizzatori degli eventi non indetti nell’ambito di una attività imprenditoriale. I casi che si sono sinora verificati hanno riguardato raduni organizzati con un passaparola clandestino attraverso il web e soprattutto i social network, in particolare tramite canali privati e coperti come Telegram».

Mancano prevenzione o leggi ad hoc?
«Sono convinta che serva un intervento normativo per rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto. Il ministero dell’Interno sta lavorando ad un’ipotesi di fattispecie criminosa che consenta di disporre la confisca obbligatoria dei veicoli e degli strumenti necessari per l’organizzazione dell’intrattenimento e che preveda l’obbligo del ripristino dei luoghi. Sul piano preventivo, potremmo introdurre la possibilità di ricorrere ad altri strumenti investigativi, come già avviene per diversi reati di particolare gravità. Tutto questo per allinearci alla legislazione degli altri Paesi europei, nei quali, evidentemente, oggi gli organizzatori dei rave party rischiano molto di più. Su queste ipotesi ci sarà un confronto con il ministero della Giustizia». 

Il post lockdown, oltre alle proteste legate al rifiuto delle regole e al disagio sociale generato dalla crisi economica, sta mostrando un’altra faccia della violenza, quella giovanile. E c’è chi ammazza per un aperitivo mancato. Quali le cause di una “movida” troppo spesso violenta?
«Quello del disagio giovanile non è solo un problema di ordine pubblico. Ci sono moltissimi ragazzi ai quali bisogna dare innanzitutto risposte concrete, senza dimenticare la socialità e la fruibilità dei luoghi di ritrovo. Venendo alla movida violenta, l’alta concentrazione di pub e di ristoranti in alcune aree urbane non facilita certo le attività di controllo messe in campo dai prefetti e dalle forze di polizia che comunque fanno ogni sforzo per predisporre servizi mirati negli orari più a rischio. Un anno fa, dopo l’omicidio a Colleferro del giovane Willy Monteiro Duarte, abbiamo rafforzato la norma che permette ai questori di disporre il divieto di accesso ai locali pubblici nei confronti delle persone denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva. I dati dimostrano l’efficacia di questa strategia basata in particolare sulle misure di prevenzione personali: nei primi tre trimestri del 2021, sono stati adottati 847 provvedimenti di questo tipo mentre i Daspo urbani per la movida violenta erano stati appena 18 nell’analogo periodo del 2020». 

Ogni sabato si sta riproponendo il problema delle manifestazioni che bloccano i centri storici. E i commercianti cominciano a reagire perché le loro attività stanno subendo forti danni. C’è il diritto di manifestare ma anche quello di lavorare. Come contemperare le due cose?
«Stiamo attraversando una fase molto delicata per il Paese, in cui bisogna coniugare il diritto di manifestare con la tutela della salute pubblica, preservando al contempo i legittimi interessi degli esercizi commerciali in difficoltà anche per l’intensificazione dei cortei e di altre forme di protesta. Per questo, i prefetti e i questori sono impegnati al massimo per fare rispettare le regole, in modo da limitare i disagi che ricadono sulle diverse categorie economiche».

Proteste incontrollate e guerriglia urbana alimentano gli attacchi della Lega e di Fratelli d’Italia. Il premier Draghi è schierato al suo fianco, ma non si sente troppo sotto esame?
«Chi siede al vertice del Viminale è sempre sotto esame. E io cerco di affrontare ogni giornata di lavoro con la dovuta serenità, ascoltando sempre chi avanza proposte concrete e dà consigli costruttivi per affrontare problemi complessi e strutturali, come l’immigrazione irregolare, che non si risolvono certo con dichiarazioni propagandistiche». 

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