«Legittima difesa subito», scontro nel governo: Bonafede frena Salvini

«Legittima difesa subito», scontro nel governo: Bonafede frena Salvini
di Valentina Errante
Giovedì 28 Giugno 2018, 07:00 - Ultimo agg. 12:02
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A scoprire un'altra crepa tra le due anime del Governo è il primo rapporto di Censis e Federsicurezza sulla criminalità: nonostante i reati siano diminuiti, la paura cresce e quattro italiani su dieci vorrebbero armarsi per farsi giustizia da soli. Molti lo hanno già fatto, quasi 4,5 milioni posseggono già un'arma. Il ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini non perde l'occasione e twitta: «Una nuova legge che permetta la legittima difesa delle persone perbene nelle proprie case è una nostra priorità».

Ma in casa Cinquestelle l'urgenza non si avverte affatto. E da via Arenula, ministero in mano al pentastellato Alfonso Bonafede, fanno sapere che le priorità sono altre, anche perché a proteggere i cittadini, dicono, dovrebbe essere lo Stato. La riforma della legge sulla legittima difesa è nel contratto di governo, si farà, ma i tempi sono tutt'altro che prossimi. Atteggiamento che contrasta con le certezze del sottosegretario agli Interni Nicola Molteni che ha depositato una proposta di legge per riformare il codice penale e consentire una difesa sempre legittima agli italiani.
 
Secondo il rapporto, il 39% degli italiani è favorevole all'introduzione di criteri meno rigidi per il possesso di un'arma da fuoco per la difesa personale. Il dato è in netto aumento rispetto al 26% rilevato nel 2015. Più favorevoli sono le persone meno istruite, il 51% degli intervistati che si è detto favorevole a una difesa fai da te ha al massimo la licenza media. Poi gli anziani, il 41% degli over 65 anni è convinto che bisogna rivedere la legge. Ma il rapporto Censis-Federsicurezza rivela anche un altro dato. È aumentato il numero degli italiani che possono sparare: nel 2017 nel nostro Paese si contavano 1.398.920 licenze per porto d'armi, considerando tutte le diverse tipologie, con un incremento del 20,5% dal 2014 e del 13,8% rispetto all'anno prima. La crescita più forte si è avuta per le licenze per il tiro a volo (sono quasi 585.000: +21,1% in un anno), più facili da ottenere. Il Censis stima così che «oggi complessivamente c'è un'arma da fuoco nelle case di quasi 4,5 milioni di italiani».

Dati che non trovano fondamento nella realtà. Perché di fatto secondo le cifre del Viminale i reati denunciati nel 2017 sono in calo di oltre il 10% rispetto a quelli del 2016. Gli omicidi si sono quasi dimezzati in dieci anni, da 611 a 343. La diminuzione dei reati non ha però alimentato il sensop di sicurezza, anzi, si registra una paura diffusa. Tanto che il 31,9% delle famiglie italiane percepisce il rischio della criminalità nella zona in cui vive. Nelle aree metropolitane si sente insicuro un cittadino su due (il 50,8%). Il senso di insicurezza è maggiore al Centro, dove il rischio è percepito dal 35,9% degli intervistati, e al Nord-Ovest (33%). Ad essere più preoccupate sono le persone con redditi bassi, che vivono in contesti più disagiati, dove, secondo il 27,1%, la criminalità è il problema più grave del Paese, la percentuale maggiore dopo la mancanza di lavoro. Milano è al primo posto con 237.365 reati nel 2016 (il 9,5% del totale), poi Roma (con 228.856 crimini, il 9,2%), Torino (136.384, pari al 5,5%) e Napoli (136.043, pari al 5,5%).

Nel 2016, era stato Molteni a presentare una modifica dell'articolo 52 del codice penale.

Una modifica che di fatto eliminava la necessità di dimostrare la proporzionalità tra la difesa e l'offesa. La nuova proposta viaggia nella stessa direzione, con un forte inasprimento delle pene per furti, rapine e scippi.

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