Lockdown da Coronavirus, albergatori e commercianti pronti a chiedere i danni: «Golpe contro il Meridione»

Lockdown da Coronavirus, albergatori e commercianti pronti a chiedere i danni: «Golpe contro il Meridione»
di Valentina Errante
Venerdì 7 Agosto 2020, 08:50 - Ultimo agg. 16:24
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ROMA L'onda potrebbe crescere piano. E i verbali desecretati del comitato tecnico scientifico, che confermanoquello che già era evidente a tutti, ossia che il bassissimo numero di contagi al Sud rendeva tutt'altro che necessario un lockdown totale, anzi non era affatto consigliato, adesso rischia di trasformarsi in un tsunami. Con le associazioni di categoria pronte a chiedere i danni allo Stato per le macroscopiche perdite subite. La cronaca è fatta dai suicidi, dagli esercizi che hanno più tirato su la saracinesca e da un numero crescente di fallimenti e licenziamenti. Le conseguenze peggiori devono ancora arrivare. Ma c'è anche il sapore amaro dell'ingiustizia subita.
Patrizia Di Dio, presidente del Gruppo Nazionale Terziario Donna, presidente Confcommercio Palermo e vice presidente nazionale di Federmoda Italia è sbigottita. «È stato un golpe - dice - e non ne capiamo le ragioni». Poi aggiunge: «Chiederemo con forza che i danni per un territorio come il nostro vengano risarciti, che emerga la responsabilità per avere fatto sprofondare la Sicilia in una drammatica e insanabile emergenza economica e sociale». Ma quella di Patrizia Di Dio non è l'unica voce. Più che le categorie economiche prese nel loro insieme nelle regioni meridionali stanno nascendo associazioni costituite da imprenditori che adesso rischiano di fallire a causa delle restrizioni imposte dai decreti anticovid. E non è escluso che chiedano il supporto delle amministrazioni regionali per intraprendere una battaglia legale che si annuncia difficile.

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I RISTORATORI
«Non nascondo che fra molti associati la rabbia è fortissima - commenta Aldo Cursano, vicario nazionale della Fipe, l'associazione dei ristoratori e dei gestori di bar aderenti alla Confcommercio. Cursano spiega che per ora la Fipe non ha deciso di intraprendere la strada delle azioni legali, ma assicura che l'ipotesi resta sul tappeto. «Sicuramente c'è una quota di ristoratori che ci sta pensando», dice. E la ragione è semplicissima: moltissimi imprenditori del settore (sono circa 330.000 in tutto i bar e i ristoranti italiani) sentono sul collo l'aria del fallimento. Ma non credono di averne colpa, avendo dovuto adempiere a regole che improvvisamente hanno fatto collassare le regole economiche sulle quali le loro imprese erano state profilati. «Insomma anch'io mi pongo questa domanda: se un imprenditore fallisce non per colpa sua ma per norme imposte dallo Stato, perché non potrebbe chiamare lo Stato alle sue responsabilità di fronte alla giustizia?», chiosa Cursano.

GLI ALBERGATORI
Anche gli albergatori sono pronti a valutare ogni iniziativa possibile. «Se abbiamo subito un danno e non era dovuto allora valuteremo in che modo essere risarciti, visto che ci hanno detto che non potevano erogare a nostro favore risorse a fondo perduto», spiegano alcuni albergatori.

CONFCOMMERCIO AL SUD
Anche in questo caso potrebbe esserci una spaccatura tra Nord e Sud, all'interno dell'associazione di categoria. Perché un'azione legale dovrebbe essere concordata dal direttivo nazionale. Già ad aprile la voce degli associati si era levata con una critica aperta al decreto che a maggio ha disposto l'apertura delle fabbriche lasciando chiusi i piccoli esercizi del Sud. «Quanto emerge in queste ore - commenta Patrizia Di Dio - aggiunge a questo dramma ha il sapore dell'ennesima ingiustizia perpetrata ai danni del Sud e della Sicilia Qualcuno ha evidentemente scelto di farci morire di fame. Il sud e la Sicilia in particolare sono stati penalizzati in modo ingiustificabile e irresponsabile. Hanno messo l'Italia del Sud in ginocchio. Sono stati adottati provvedimenti senza logica e proporzionalità per le differenti categorie e soprattutto territori. La nostra fragile economia è fatta di commercio, turismo, professioni e servizi. Il nodo, ovviamente riguarda il minor numero di contagi «Sembra - dice Di Dio - che questo non sia stato oggetto di valutazione da parte di chi ha deciso il lockdown e il calendario della ripresa. Chiederemo con forza che i danni di un territorio come il nostro vengano risarciti, che emerga la responsabilità di avere fatto sprofondare La Sicilia in una drammatica e insanabile emergenza economica e sociale. Ma non potremo avere mai risarcita la speranza di futuro che di fatto ci hanno sottratto».
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