Il record assoluto di contagi, i 7.332 nuovi positivi in ventiquattr’ore che non si registravano neppure durante il lockdown più duro, fanno scattare l’allarme. Il governo aveva messo in conto un’impennata dell’epidemia, da qui l’ultima stretta decisa con il nuovo Dpcm. Ma se la situazione dovesse aggravarsi ulteriormente, «adotteremo prontamente altre misure restrittive per contenere la diffusione del virus», dice un ministro, «e le prime a farlo saranno le Regioni più colpite» dal Covid-19.
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Giuseppe Conte però non ama «seminare allarmismo». Così non ha preso bene la sortita del virologo Andrea Crisanti che ha adombrato la possibilità di una chiusura generalizzata del Paese «durante le feste di Natale».
«Questa è una partita in cui vinciamo tutti, altrimenti perdiamo tutti», ha ammonito, «non potete pensare che ci sia il governo che risolve il problema. E’ stata tutta la comunità nazionale che ci ha consentito di affrontare la fase più dura e ne siamo usciti vincitori. E smettiamola di fare discorsi astratti, discussioni. Bisogna essere concreti, c’è da tutelare la salute: se cresce il numero dei contagiati nelle terapie intensive andremmo di nuovo in difficoltà. Dobbiamo arrestare questa curva e per farlo è indispensabile rispettare le regole».
Il nuovo appello agli italiani è stato accompagnato da Conte da un’analisi, allarmata, della situazione: «Continua questa curva che sta lentamente ma progressivamente crescendo. È la ragione per cui abbiamo adottato, e non ci ha fatto piacere, delle misure restrittive. Altre, ulteriori, potranno prenderle le Regioni. Oggi c’è questo nuovo innalzamento, ma c’è anche un record di tamponi. È chiaro che è una situazione che non può non preoccuparci».
Il ministro agli Affari regionali, Francesco Boccia, però consiglia prudenza: «Siamo preoccupati, ma nessun terrore: la situazione di oggi è diversa rispetto a marzo-aprile, le reti sanitarie territoriali sono state rafforzate, le terapie intensive e sub-intensive sono aumentate e sostengono gli sforzi in corso. Ma più che mai serve adesso ancora più prudenza. Il virus è tra noi e corre veloce». «Rispetto al picco del 21 marzo quando vi furono 6.557 nuovi contagi a fronte di appena 26.336 tamponi», aggiunge un altro ministro, «la situazione è più rassicurante: martedì sono stati fatti 152.196 tamponi con un indice di contagio del 4,8. A marzo l’indice era del 25%».
Per limitare le occasioni di contagio e dunque gli assembramenti, la De Micheli, le Regioni e i sindaci hanno convenuto sulla necessità di un ulteriore scaglionamento degli ingressi a scuola, insieme alla possibilità di misure analoghe per gli uffici pubblici e i negozi. Ed è stato deciso di incrementare i controlli nelle stazioni per evitare assembramenti e di incrementare i mezzi per «le tratte più sollecitate, anche ricorrendo ad affidamento ai privati e ai bus turistici». Le Regioni e i Comuni non hanno chiesto più fondi. Almeno per ora.