Luana D'Orazio morta sul lavoro, accolto il patteggiamento: 2 anni ai titolari della ditta. La mamma: «Sono molto delusa»

Luana D'Orazio morta sul lavoro, accordo trovato sul patteggiamento: 2 anni ai titolari della ditta
Luana D'Orazio morta sul lavoro, accordo trovato sul patteggiamento: 2 anni ai titolari della ditta
Giovedì 27 Ottobre 2022, 16:03 - Ultimo agg. 28 Ottobre, 08:47
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Trova un punto fermo la vicenda di Luana D'Orazio, la 22 enne morta sul lavoro a Montemurlo, in provincia di Prato, mentre era impegnata a una macchina tessile. Ci sono da oggi una condanna a 2 anni di reclusione per Luana Coppini, titolare dell'azienda in cui è avvenuto l'incidente mortale il 3 maggio 2021, e un'altra a 1 anno e 6 mesi per il marito Daniele Faggi, considerato dagli inquirenti il titolare di fatto della stessa ditta. Sono entrambe condanne patteggiate. Il giudice per l'udienza preliminare Francesca Scarlatti ha accolto il patteggiamento su cui hanno concordato la pubblica accusa e gli avvocati difensori dei due imputati (su tre) accusati della morte della giovane madre e operaia. Per entrambi c'è la sospensione condizionale.

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La reazione della madre

«Speravo in una pena più giusta», sono «molto delusa», ha spiegato all'uscita dall'udienza la mamma di Luana D'Orazio, Emma Marrazzo.

Che ha aggiunto: «Andremo avanti per la nostra strada. Mi dicevano tutti: 'tanto nel mondo del lavoro non cambia niente, cosa vuoi cambiare?' Forse avevano ragione…Aspettavo un pò più di rispetto, qualcosa in più. Ho sempre detto no alla vendetta, volevo stoppare le morti sul lavoro ma ne avvengono ancora tante. Penso che le persone potranno commentare questa sentenza, non sarò io a farlo». «Si tratta di una sentenza molto celere - ha detto invece l'avvocato Alberto Rocca, che difende assieme a Barbara Mercuri i due imputati che hanno patteggiato - che si poggia su due pilastri: non è affatto scandalosa, come pure ho sentito dire sui social, ma giusta».

Il patteggiamento

La proposta di patteggiamento della difesa dei due imputati ha trovato l'assenso della procura, che ha posto come condizione l'effettivo pagamento del risarcimento assicurativo stabilito in circa di 1 milione di euro, aspetto che è sembrato pesare sul 'via libera' al patteggiamento stesso. Il legale della famiglia D'Orazio, avvocato Daniela Fontaneto, ha annunciato che proverà a far alzare il risarcimento passando per «un distinto procedimento civile». L'azienda è stata inoltre condannata al pagamento di una sanzione pecuniaria che ammonta a 10.300 euro. «Accogliamo la sentenza con l'amaro in bocca per le modalità dell'infortunio dato che nel capo d'imputazione - commenta l'avvocato Fontaneto - si legge di manomissioni e di un comportamento da parte dei titolari che non fatico a definire scellerato. È stata data in mano a Luana una pistola carica senza sicura». Per loro, Laura Coppini e Daniele Faggi la vicenda, drammatica, trova un epilogo. Nella stessa udienza, invece, la giudice ha deciso di rinviare a giudizio il terzo imputato, il manutentore Mario Cusimano, che affronterà un processo con rito ordinario per le accuse di omicidio colposo e rimozione dolosa di cautele antinfortunistiche, con questo secondo reato si fa riferimento alla saracinesca che avrebbe dovuto impedire all'operaia di entrare in contatto con il macchinario. Sono le stesse accuse contestate agli imputati che hanno patteggiato. La prima udienza è fissata per il 13 dicembre. Le indagini della procura di Prato sulla morte della giovane, madre di un bambino che oggi ha 6 anni, si erano concentrate da subito sugli accertamenti tecnici, sulla meccanica che ha portato al trascinamento dell'operaia, assunta come apprendista, negli ingranaggi del macchinario. In particolare, la perizia di un consulente della procura aveva individuato nella rimozione della saracinesca di sicurezza dell'orditoio, uno sbarramento che in teoria deve ostacolare eventuali cadute degli addetti dentro la macchina tessile, la causa principale dell'incidente. Per questo le accuse sono state rivolte ai coniugi titolari della ditta e al tecnico che secondo le ricostruzioni avrebbe materialmente disattivato il dispositivo di sicurezza per loro conto.

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