Mafia, colpo al clan di Brancaccio: 34 arresti, c'è anche il fratello del cooperante Giovanni Lo Porto

Mafia, colpo al clan di Brancaccio: 34 arresti, c'è anche il fratello del cooperante Giovanni Lo Porto
Mercoledì 19 Luglio 2017, 08:00 - Ultimo agg. 13:16
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La Polizia e la Guardia di Finanza di Palermo, eseguendo un provvedimento emesso dal Gip nell'ambito di indagini della Direzione Distrettuale Antimafia, stanno procedendo, in Sicilia, Toscana, Lazio, Puglia, Emilia Romagna e Liguria, all'esecuzione di 34 misure cautelari nei confronti di mafiosi della cosca di Brancaccio e loro complici e al sequestro di numerose aziende, per un valore complessivo di circa 60 milioni di euro. Tra gli arrestati c'è Pietro Tagliavia, capo del mandamento mafioso di Brancaccio e della famiglia di «Corso dei Mille», attualmente ai domiciliari.

Le indagini, eseguite dalla Squadra Mobile e dal Gico del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo, hanno consentito di fare luce su episodi di minacce, danneggiamento, estorsione, furto e detenzione illegale di armi da parte di esponenti della cosca di Brancaccio e di ricostruire l'organigramma delle famiglie mafiose che appartengono al mandamento, definendo ruoli e competenze di ciascuno e individuando i capi. L'inchiesta ha svelato il controllo, da parte della mafia, di un gruppo imprenditoriale che opera in diverse regioni, tra le quali Sicilia e Toscana. Polizia e Guardia di Finanza stanno sequestrando veicoli e autoveicoli utilizzati per la commissione dei reati contestati e aziende riconducibili ai mafiosi arrestati.

I Carabinieri del Ros e quelli del Comando Provinciale di Palermo e Trapani hanno sequestrato al boss Salvatore Riina e ai suoi familiari beni per un valore complessivo di circa 1,5 milioni di euro. Il provvedimento riguarda società, una villa, 38 rapporti bancari e, soprattutto, numerosi terreni del padrino corleonese. L'inchiesta nasce dai redditi dichiarati negli anni da Riina e dai suoi congiunti da cui è stato possibile ipotizzare l'utilizzo di mezzi e di risorse finanziarie illecite.

La famiglia del capomafia, detenuto dal 1993, ha potuto contare su molto denaro, malgrado i numerosi sequestri di beni subiti nel tempo e a fronte dell'assenza di redditi ufficiali. La moglie del padrino, Ninetta Bagarella, è riuscita a emettere tra il 2007 e il 2013 assegni per oltre 42.000 mila euro a favore dei congiunti detenuti. In carcere c'erano il figlio maggiore Giovanni, che sconta l'ergastolo, e il più piccolo, Giuseppe, ora tornato libero dopo una condanna per mafia. Il sequestro comprende, inoltre, una villa di 5 vani a Mazara del Vallo in cui, in passato, nei periodi estivi, Salvatore Riina avrebbe trascorso la latitanza coi suoi.

Le indagini hanno ricondotto l'effettiva proprietà dell'immobile, intestata a un prestanome, a Salvatore Riina che, dopo l'arresto, l'ha ceduta al fratello Gaetano che l'ha occupata ininterrottamente attraverso un finto contratto di affitto. Le intercettazioni hanno rivelato che l'abitazione è stata oggetto di una lite familiare tra Gaetano Riina e la cognata che ne rivendicava la proprietà. Il sequestro riguarda anche beni che si trovano nelle province di Lecce e Brindisi formalmente intestati a Antonino Ciavarello, genero di Salvatore Riina (Società a Responsabilità Limitata Rigenertek, AC Service e Clawstek). Le imprese commerciano in autovetture e, stando agli esiti delle indagini patrimoniali, sono state costituite con denaro sporco. Infatti, l'esame incrociato della contabilità delle aziende ha evidenziato una sperequazione di ben 480 mila euro, immessi per lo più in contanti ed in numerose tranche nei patrimoni sociali senza alcuna giustificazione legale.

Tra gli arrestati dalla polizia e dalla Finanza di Palermo, che hanno azzerato il clan mafioso di Brancaccio, c'è anche il fratello di Giovanni Lo Porto, l'operatore umanitario sequestrato da Al Qaeda nel 2012 e assassinato tre anni dopo durante un'operazione antiterrorismo degli Usa da un drone. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato il braccio destro di Pietro Tagliavia, che dai domiciliari continuava a «governare» la cosca. Quella dei Tagliavia è una famiglia mafiosa di Palermo coinvolta anche nelle stragi del '92 e del '93. Lo Porto avrebbe gestito il racket del pizzo.

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