Roma, bar e pasticcerie del Centro gestiti da clan mafiosi di “Cosa Nostra”: 11 arresti

Roma, bar e pasticcerie del Centro gestiti da clan mafiosi di Cosa Nostra : 11 arresti
Roma, bar e pasticcerie del Centro gestiti da clan mafiosi di “Cosa Nostra”: 11 arresti
Venerdì 15 Gennaio 2021, 11:49 - Ultimo agg. 17 Febbraio, 11:55
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Operazione a Roma: bar e pasticcerie nel cuore del centro storico gestite da clan mafiosi palermitani. È quanto accertato dai carabinieri del Ros nell'operazione, coordinata dalla Dda di Roma di piazzale Clodio, che ha portato all'emissione di una ordinanza cautelare nei confronti di 11 persone. In particolare i gruppi mafiosi hanno, negli anni, riciclato nella ristorazione ingenti somme di denaro per aprire locali nella zona di Testaccio e Trastevere.

I clan palermitani avevano scelto la Capitale per reinvestire, in bar e pasticcerie, il fiume di denaro ottenuto negli anni dall'attività illecita. Esercizi commerciali aperti nei quartieri storici della metropoli: Trastevere e Testaccio.

Le accuse del procuratore aggiunto Ilaria Calò sono di trasferimento fraudolento di valori, bancarotta fraudolenta, autoriciclaggio, reati commessi per agevolare l'associazione mafiosa « Cosa Nostra». L'operazione di oggi è stata avviata nel novembre 2018 a seguito di una confisca di beni del Tribunale di Palermo per 15 milioni di euro a carico del palermitano Francesco Paolo Maniscalco. Quest'ultimo, figlio di un soggetto contiguo alla storica “famiglia palermitana di Corso dei Mille, è risultato socio occulto delle attività commerciali emerse. Uomo di fiducia del figlio del super boss Totò Riina, è stato condannato definitivamente per partecipazione ad associazione mafiosa, nonché per la rapina multimiliardaria alla sede palermitana della «Sicilcassa» del '91. Parte della refurtiva, destinata a Cosa Nostra, venne fatta fondere in lingotti d'oro e distribuita, su ordine di Riina, agli esponenti di vertice dei vari mandamenti di Palermo.

 

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Nell'indagine romana è anche emerso il ruolo dei fratelli Salvatore e Benedetto Rubino, pure loro legati a contesti mafiosi palermitani. Il primo «investimento» risale al 2011 con l'apertura del bar-pasticceria «Sicilia e Duci srl» (trasferitosi da Testaccio a Trastevere nel 2015), ostacolato nel 2016 con l'esecuzione di un sequestro di prevenzione a carico della società. Prima del provvedimento di esecuzione, però, gli indagati hanno proceduto allo svuotamento del patrimonio della «Sicilia e Duci srl» e creato una nuova società con cui hanno aperto, sempre a Trastevere, il bar «Da Nina», oggi sottoposto a sequestro preventivo per un valore di circa 400 mila euro. ùIn base a quanto accertato dagli inquirenti, i gruppi criminali investivano il denaro anche nell'acquisto di opere d'arte, spesso dipinti. Nel procedimento sono infatti coinvolte anche Antonina Puleo e Federica Rubino, moglie e figlia di Benedetto, accusate della vendita di quadri e preziosi di provenienza illecita il cui ricavato è stato reimpiegato per avviare le attività commerciali a Trastevere e di bancarotta della «Sicilia e Duci». Gli approfondimenti investigativi, hanno permesso accertare che i dipinti oggetto di compravendita illecita erano stati rubati negli anni '90. «Per capire quanto la Capitale sia di interesse per gli investimenti delle mafie - ha detto Calò - basti pensare che con l'indagine odierna sono 3 le operazioni della Dda, in appena 6 mesi, contro gli investimenti delle cosche nel settore della ristorazione a Roma». Solo a luglio l'operazione 'Affari di famiglià, con 28 misure cautelari, aveva portato al sequestro di oltre 15 milioni di euro di patrimonio a personaggi vicini alla famiglia Senese, legata alla camorra napoletana. Nel settembre scorso, sempre la Dda, ha sferrato un duro colpo al gruppo criminale dei Moccia.

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