Teste di capretto mozzate, scuoiate, insanguinate e avvolte nel cellophane. Avvertimenti in stile mafioso a Roma. Un uomo di 51 anni, P. C., è stato arrestato per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Per non pagare il risarcimento dovuto a seguito di una controversia giudiziaria, aveva inviato a inizio del gennaio 2019 pacchi contenenti le teste di capretto a un pensionato e suo figlio, proprietari di alcuni terreni. Così sono partite le indagini della squadra mobile di Roma, in collaborazione con la squadra mobile di Catanzaro.
La controversia da cui partono le indagini
La famiglia calabrese, titolare di una società immobiliare, costruisce nel 2019 alcuni villini a Roma su un terreno di proprietà di due soggetti. Non ottempera, però, gli obblighi contrattuali.
Non vogliono pagare
Padre e figlio sono costretti ad avviare una procedura esecutiva, perché dall'azienda non vogliono pagare. L'uomo acquista anche il credito ipotecario di primo grado di una banca, gravante su uno dei tre villini (peraltro locato ad una terza persona) e iscrive un credito per prestazioni professionali di 300.000 euro sulla base di un atto di riconoscimento di debito da parte della società immobiliare calabrese. Il fine è chiaro. Non vuole pagare e impedire dolosamente la possibilità di recupero dei villini e delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno.
L'invio dei pacchi insanguinati
Per evitare di pagare quanto dovuto Cosentino inizia con le intimidazioni. E così invia i pacchi contenenti le teste di capretto. Spaventato, il figlio comunica al proprio avvocato di voler accettare la proposta transattiva, anche se sfavorevole. Dalle telefonate intercettate, riferiscono gli investigatori, traspare con tutta evidenza lo stato di sottomissione dell'intera famiglia che, però, non si decide a cedere alla proposta.
La lettera di minacce chiave per le indagini
Nonostante le pressioni, i due non accettano compromessi. E a causa del prolungarsi di questa indecisione, nel marzo 2019 viene recapitata a una delle vittime una lettera anonima dal contenuto minatorio. Gli accertamenti sulla lettera e le attività tecniche di intercettazione telefonica consentono agli agenti di individuare in Paolo Cosentino il reale mittente della missiva minatoria, affidata ad un terzo soggetto affinchè venisse spedita da un luogo diverso rispetto a Lamezia Terme, al fine di eludere le eventuali verifiche. Secondo gli investigatori, che sia proprio Cosentino l'autore materiale dell'intimidazione, emerge chiaramente dalle conversazioni intercettate: in una il 51enne chiede notizie al soggetto circa la spedizione della lettera, nell'altra, la terza persona si lamenta di essere stata usata per spedire una lettera a Roma; l'interlocutore, comprende immediatamente i destinatari della missiva e fa riferimento all'acquisto dell'ipoteca da parte del Cosentino, confermando ulteriormente quanto ricostruito nel corso dell'indagine.