Malpensa, tamponi solo ai residenti in Lombardia. Scoppia la bufera e arriva il dietrofront

Malpensa, tamponi solo ai residenti in Lombardia. Scoppia la bufera e arriva il dietrofront
Malpensa, tamponi solo ai residenti in Lombardia. Scoppia la bufera e arriva il dietrofront
di Mauro Evangelisti
Venerdì 21 Agosto 2020, 00:00 - Ultimo agg. 07:31
4 Minuti di Lettura

Lunghe code, assembramenti, disorganizzazione. Le immagini dell’aeroporto di Malpensa, il più importante del Nord Italia, dei passeggeri in arrivo dai Paesi a rischio incolonnati in attesa del tampone, non trasmettevano l’idea di efficienza e organizzazione che lo stereotipo assegna (assegnava?) a Milano. Non solo la Lombardia parte in ritardo, ma parte anche male, perché - sembrava una fake news ma era proprio così - i tamponi sono stati eseguiti solo ai passeggeri lombardi. 

Possibile? Un aeroporto internazionale che un tempo aspirava al ruolo di hub, fa distinzione sui viaggiatori potenzialmente positivi, testando solo chi ha la residenza lumbard, lasciando circolare tranquillamente, magari da contagiati, coloro che sono atterrati a Malpensa ma magari abitano a Novara, che è appena a 30 chilometri, solo perché è Piemonte, o a Piacenza, a un’ora e quindici minuti di macchina.

LEGGI ANCHE Napoli, tamponi obbligatori a Capodichino 

Tutto questo mentre Fiumicino e Ciampino sono partiti con i tamponi già da dopo Ferragosto e non fanno distinzioni tra i passeggeri (in questo modo sono stati trovati vari viaggiatori positivi, anche lombardi), mentre aeroporti anche più piccoli di Malpensa come Venezia, Perugia, Pescara e Torino (solo alcuni esempi) erano già operativi nel testare chi arriva dai quattro Paesi a rischio. 

C’è di più: la linea della Regione Lombardia, nella foga local, ha escluso dai tamponi anche i passeggeri stranieri che si fermano meno di quattro giorni. Chiaro? Arrivi dalla Spagna, dove si viaggia a 3.500 positivi al giorno, ma se trascorri solo un fine settimana a Milano non ti controllo. La strategia, che ha sorpreso tutti perché non aveva una logica comprensibile, era talmente poco difendibile che ieri sera l’assessore al Welfare, Giulio Gallera, anche su pressione del Ministero della Salute, è stato costretto a fare marcia indietro. Ha spiegato che da oggi il tampone a Malpensa non si farà solo ai lombardi, ma a tutti.
 


«Gli spazi che, in un primo momento, erano stati individuati a Malpensa da Sea (la società che gestisce l’aeroporto) e Usmaf (la sanità di frontiera che dipende dal Ministero della Salute) avrebbero consentito l’attivazione di tre postazioni con la possibilità di eseguire 500 tamponi. Avevamo quindi stabilito alcune priorità che, nell’ordine, avrebbero privilegiato i turisti stranieri (difficilmente recuperabili dopo aver lasciato l’aeroporto) e i cittadini lombardi (i quali possono contare sui sistemi di segnalazione online delle Aziende sanitarie). Sea e Usmaf hanno incrementato le aree a disposizione. Saranno di conseguenza testati i turisti stranieri, poi i cittadini italiani, sia lombardi sia residenti in altre Regioni».

C’era stata una settimana per organizzare tutto (l’ordinanza di Speranza è operativa dal 13 agosto) magari ci si poteva preparare per tempo, come avvenuto in altri aeroporti. Ma c’è un’altra scelta della Lombardia che lascia perplessi: ci si sta affidando ai tamponi tradizionali, sicuramente più affidabili ma, come hanno confermato i dirigenti della Regione, daranno una risposta in 24-48 ore che verrà inviata via mail al passeggero. Nel Lazio, invece, si stanno usando i nuovi tamponi rapidi che consentono sia di organizzare i controlli più velocemente sia di avere una risposta in venti minuti.

LEGGI ANCHE Nave-quarantena a Trapani, il sindaco vieta lo sbarco 

Ieri a Malpensa erano operativi solo 8 postazioni e questo ha causato, a partire dalle 9 del mattino, le prime lunghe code di passeggeri in attesa del tampone. Tra le testimonianze raccolte dall’Ansa c’è quella di una coppia: «Noi conviviamo, io ho il domicilio in Piemonte - ha raccontato il ragazzo - ma sono ancora residente in Lombardia, quindi a me hanno detto che posso fare il tampone e a lei no».

Il dirigente dell’assessorato Welfare della Lombardia, Marco Trivelli, si è difeso: «L’80 per cento dei controlli sui viaggiatori si fanno sul territorio e il 20 negli aeroporti».
L’ex ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha anche presentato un’interrogazione: «Voglio sperare che sia una farsa ferragostana, perché mi sembra veramente troppo pensare che qualche genio possa immaginare che i virus rispondano alla logica del passaporto o della carta di identità». In serata è arrivato il ripensamento della Lombardia che ha deciso che si fanno i tamponi anche ai non lumbard.

© RIPRODUZIONE RISERVATA