Mangiamo e respiriamo plastica: l'ultimo allarme per la salute

Mangiamo e respiriamo plastica: l'ultimo allarme per la salute
di Mariagiovanna Capone
Mercoledì 12 Giugno 2019, 07:00 - Ultimo agg. 11:43
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Cibi cotti in contenitori di plastica, verdure sostenute da strutture di plastica, carne contenuta in involucri di plastica, e poi bevande in bottiglie di plastica, stoviglie di plastica, prodotti igienici in packaging non riciclabile di plastica, perfino gli abiti contengono plastica. Le materie plastiche fanno parte della nostra quotidianità e una ricerca mostra gli effetti di un consumo eccessivo che ci sta sfuggendo di mano. Pubblicato sulla rivista «Environmental Science & Technology» e portato avanti dall'Università di Victoria in Canada, lo studio fa emergere che la plastica è presente nell'aria che respiriamo e nel cibo che mangiamo. Ogni anno ingeriamo una quantità compresa tra le 39 e le 52 mila particelle di microplastica ogni anno. Se a questa cifra aggiungiamo la microplastica che inaliamo, si arriva a 74 mila particelle. Le particelle di microplastica sono di dimensioni inferiori a 5 millimetri e sono state rivelate analizzando al microscopio le feci di un gruppo di volontari. Le microplastiche entrano nel cibo e nell'aria in diversi modi. Molti iniziano come parte di oggetti di plastica più grandi, che nel tempo si frammentano in pezzi sempre più piccoli fino a diventare minuscoli: 5 millimetri, appunto più o meno come un seme di sesamo. Queste o entrano direttamente nei nostri piatti o per inalazione perché presenti nell'aria, oppure vengono ingerite dagli animali che poi diventano il nostro cibo.
 
Per comprenderne la quantità di particelle di microplastiche che ingeriamo, dobbiamo pensare a 74 mila semi di sesamo in un metro cubo. Una quantità considerevole ma che potrebbe essere sottostimata. L'autore dello studio è Kieran Cox, e già da alcuni anni sta studiando questo fenomeno. Afferma che ha analizzato i dati con cibo crudo, mentre non ha ancora sperimentato con cibi impacchettati nella plastica, cioè con gli alimenti che solitamente acquistiamo al supermercato, ma è convinto che la percentuale sarà molto più alta. Gli alimenti studiati sono sale, frutti di mare, zucchero, miele e birra. Inoltre anche acqua in bottiglia che raggiunge picchi agghiaccianti: fino a 130 mila particelle di microplastica all'anno, appena 4 mila se si beve l'acqua dal rubinetto. La classifica peggiore vede aria, acqua in bottiglia e frutti di mare come maggiori fonti di microplastiche ingerite. Seguono zucchero, miele, sale, l'acqua del rubinetto e la birra. Lo studio prosegue, e Cox ammette che «ci sono dati importanti che possono provenire da alimenti come il pane, la carne, i latticini e le verdure».

Le fonti delle particelle di microplastica sono infinite. Nella polvere in casa non ci sono solo cellule epiteliali morte, sporcizia, peli, insetti, ma anche microplastica. Per esempio piccole fibre che si sono staccate dagli oggetti comuni che abbiamo in casa, oppure microfibre che si disperdono dagli abiti in nylon o poliestere, spesso quando li laviamo in lavatrice. Secondo uno studio del 2018, a ogni pasto ingeriamo più di 100 pezzi di microplastica, compresa quella che finisce nei nostri piatti con il resto della polvere presente nell'aria. Un numero determinato posizionando sui tavoli di tre case durante i pasti delle piastre di Petri (normali contenitori piatti usati in biologia) con trappole antipolvere appiccicose all'interno. Hanno così stimato che 114 fibre di plastica cadono sul piatto a ogni pasto, per un totale compreso tra 13.713 e 68.415 ogni anno.

Gli impatti sulla salute di ingestione di microplastiche sono ancora sconosciuti, ma potrebbero rilasciare sostanze tossiche. Nel 2017 uno studio del King's College di Londra ha ipotizzato che con il tempo, l'effetto cumulativo potrebbe essere tossico poiché le plastiche sono realizzate con sostanze chimiche nocive che a lungo andare potrebbero danneggiare il nostro sistema immunitario. Sappiamo che le microplastiche sono nelle nostre feci ma «nessuno ha mai indagato se le microplastiche siano in grado di raggiungere anche gli organi interni» conclude lo studio.
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