Maniero pronto a querelare Report: «Scoop? Una vigliaccata che distruggerà la mia famiglia»

Maniero pronto a querelare Report: «Scoop? Una vigliaccata che distruggerà la mia famiglia»
di Maurizio Dianese
Sabato 21 Novembre 2015, 11:15 - Ultimo agg. 12 Novembre, 12:07
4 Minuti di Lettura
«Ho fatto quasi vent’anni di galera, ho smantellato la banda che teneva sotto controllo il Nord Italia, che cosa posso fare ancora perché mi lasciate in pace? Non tanto me, ma la mia famiglia, i miei figli e la mia compagna. Che c’entrano loro con il bandito Felice Maniero? E poi che informazione è mai questa che si basa sul sentito dire di un balordo? Uno che dice di aver origliato una chiacchiera in carcere sull’omicidio di mia figlia. E naturalmente non vuol dire da chi l’ha sentita. Non ho mai querelato un giornalista in vita mia e ne ho letto di cotte e di crude su di me, ma adesso basta, querelo tutti. Non per difendere me, ma la mia famiglia. La polizia è venuta ad avvertirmi che è costretta a ridarmi la sorveglianza perché teme che mi possa succedere qualcosa».



Così Felice Maniero, arrabbiatissimo con Milena Gabanelli che su Report presenterà domenica un servizio sulla morte della figlia di Maniero, Elena, avvenuta nel 2006. «Dieci anni dopo salta fuori uno che io non ho mai visto né conosciuto, che dice di aver sentito in galera una conversazione tra tre miei uomini che parlavano dell’omicidio di mia figlia. Ecco lo scoop, una vigliaccata. Badate bene che il pazzoide, sempre nella stessa intervista, accusa il giornalista che gli parla, di essere dei servizi segreti. Report dà credito a gente del genere, sarebbe ridicolo se non fosse tragico».



Felice Maniero ha scritto alla Rai una letteraccia accusando Report di essere «una macchina infernale che distrugge le famiglie» utilizzando informazioni false. «La Gabanelli mi deve credere quando dico di avere una certa esperienza nel settore e nella malavita non si parla di un omicidio – condannandosi automaticamente all’ergastolo – davanti ad un perfetto sconosciuto. Anche se è un compagno di cella. Non solo, se il suicidio di mia figlia Elena fosse stato un omicidio commesso dalla mia ex banda, la Gabanelli può star certa che il segnale sarebbe stato chiaro. Per me e per tutti. Così si usa nelle bande criminali. Che logica ha un avvertimento che non capisce nessuno? Carabinieri, polizia, magistratura e il sottoscritto, sulla base del diario di mia figlia, non hanno avuto alcun dubbio sul suicidio. Io avrei dato credito all’ipotesi dell’omicidio. Ma quando mai?».



Maniero ricorda perfettamente quel 23 febbraio del 2006. «Ero a Milano quando ho ricevuto la telefonata del capo della Mobile di Pescara. Le devo dare una brutta notizia, mi ha detto. Sua figlia è morta. Si è suicidata. Non ci credo, ho detto io in un primo momento, ma non nel senso che pensavo all’omicidio, semplicemente non potevo credere alla notizia della sua morte. Aveva 29 anni e per lei stravedevo. L’ho viziata, lo so e mi sono sentito in colpa. Avrei dato la mia vita per lei. Quando sono arrivato l’avevano già portata via. Sono andato a fare il riconoscimento e poi ho iniziato a riflettere sul fatto che da quando si era separata dal marito, tre mesi prima, stava molto male, tant’è che era venuta ad abitare con me. Aveva un forte esaurimento nervoso ed era in cura. Era da poco più di un mese che aveva trovato un nuovo compagno, ma evidentemente non era felice e si è tolta la vita. Basterebbe leggere il diario che aveva scritto nei mesi precedenti per non avere più dubbi sulla sua morte. Si sentiva sola e l’ultimo messaggio mandato al suo nuovo ragazzo non a caso diceva: “Quando ho bisogno di te, mi lasci sempre sola”».



Ma è proprio impossibile che qualcuno della vecchia banda si sia vendicato su Elena? «Nella nostra banda non è mai successo che qualcuno se la sia presa con un familiare. Mai. È se si deve punire qualcuno lo si ammazza – e posso anche ammettere che in certe organizzazioni si ammazzi il congiunto – ma nel modo più feroce possibile, perché il messaggio sia chiaro».



Maniero chiede di essere dimenticato: «C’è stato chi ha scritto un paio di libri su di me senza che io l’abbia conosciuto, ha pubblicato sul giornale addirittura il mio nuovo nome e il mio indirizzo. Ho dovuto traslocare in tutta fretta per tutelare la mia famiglia. Lo ripeto per l’ennesima volta, su di me si può scrivere tutto quel che si vuole. Io non chiedo comprensione perché sono stato un bandito, ma ho pagato il mio debito con la galera e con la distruzione della mia banda. No, io chiedo alla Gabanelli e alla Rai di ricordarsi che i miei figli vanno a scuola e portano quel nome nuovo che lei ha già sbandierato ai quattro venti. I compagni di classe li hanno riconosciuti e io sono stato costretto il giorno dopo a spostarli di scuola. Succederà lo stesso lunedì prossimo, li ritroverò disperati e dovremo subire ancora una volta il calvario che abbiamo già vissuto più volte. Non mi sento perseguitato, dico che è la mia famiglia ad essere perseguitata».