Marino, Renzi non molla: il verdetto entro l'estate

Marino, Renzi non molla: il verdetto entro l'estate
di Marco Conti
Giovedì 18 Giugno 2015, 06:09 - Ultimo agg. 12:56
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ROMA Ritorna il Rottamatore e con esso l'eventualità di elezioni anticipate divenute il vero piano ”b” di Matteo Renzi. Su ogni fronte aperto - dalla riforma della scuola alla crisi della Capitale, passando per la riforma della Rai o del Senato - gli spazi di mediazione sono divenuti ridottissimi nella maggioranza e nel Pd. Ne sa qualcosa Matteo Orfini, presidente del partito e commissario del Pd romano che ieri mattina ha difeso il sindaco di Roma Ignazio Marino ”rottamato” poche ore prima dal presidente del Consiglio dagli schermi di Porta a Porta. Le telefonate intercorse nel pomeriggio tra Renzi e lo stesso Orfini non hanno abbassato la tensione nel Pd anche se il premier non sembra voler affondare il coltello. «Se riesce a governare e se ne è in condizione lo faccia», continua a sostenere il premier. Uno spiraglio, per Marino, anche se per qualcuno è solo questione di tempo. Una conferma si è avuta nella serata di ieri quando il prefetto Gabrielli ha replicato allo stesso Orfini che sembrava dare per scontata la decisione di non voler commissariare Roma per mafia. E' proprio l'attesa che c'è a palazzo Chigi sulla relazione di Gabrielli a diluire i tempi di uno show down che i più stretti collaboratori del premier danno per scontato, magari subito dopo l'estate. Marino resiste e rilancia: «Non mi dimetto, se hanno i numeri, mi sfiducino in Consiglio».

PRECARI

Nel partito i pontieri sono al lavoro e si pensa di organizzare una sorta di mega-chiarimento del sindaco con la maggioranza e con palazzo Chigi, subito dopo le conclusioni che tirerà Gabrielli nella sua relazione.

Di fatto una sorta di verifica che i partiti che sorreggono la giunta Marino, Sel e Radicali in testa, hanno già avviato confermando quanto precaria resti la situazione.

Renzi il giudizio sulla giunta-Marino, azzoppata dalle inchieste e dagli arresti, sembra averlo già dato, è lapidario ed è riassumibile in un ”bene l'onestà ma saper governare una città come Roma è ben altra cosa”. Malgrado lo scetticismo sulla possibilità di un colpo di reni dell'amministrazione comunale, domani in Consiglio dei ministri dovrebbe approdare il decreto-Giubileo con il quale si istituisce il tavolo di coordinamento tra Comune e prefettura per affrontare l'arrivo di milioni di pellegrini.

Il premier resta convinto che appartenga al novero delle missioni disperate risollevare in due anni la considerazione che i cittadini romani hanno dell'amministrazione comunale. Anche al netto delle vicende giudiziarie. Al rischio di un lento logoramento della giunta capitolina continua a preferire un commissario che riporti la città alle urne la prossima primavera insieme ad importanti capoluoghi (Torino, Milano, Bologna, Napoli). Un grande election day comunale nel quale inserire Roma e che servirebbe per ufficializzare l'arrivo del renzismo nei Comuni e, ancor prima, nelle federazioni locali del Pd. Accelerare il lento logoramento della maggioranza che sorregge Marino il Campidoglio, sembra quindi essere l'unica arma in mano al premier per archiviare due anni di paralisi e di inchieste. Tutto ciò dimostra che il premier, per dare al Pd locale la sua faccia, è pronto a moltiplicare sfide e nemici. Cominciando da Roma. Cominciando a mettere in discussione anche ”il patto della playstation” siglato con Orfini un paio di settimane fa. L'intreccio tra il piano nazionale e quello locale aumenta le incognite anche perché ieri l'altro è stato lo stesso Renzi a mettere in discussione lo strumento delle primarie. Roma rappresenta per Renzi una sorta di laboratorio dove misurare il peso della sua leadership appannata dai recenti risultati elettorali e messa in discussione da chi gli rimprovera di aver ottenuto sinora molto poco a Bruxelles sia sul fronte dei migranti sia su quello della crescita.

CAPIBASTONE

Per far risorgere il Pd romano dalle primarie taroccate e dai circoli fantasma, Renzi intende passare come un rullo su tutta, o quasi, la classe dirigente romana che le inchieste e la relazione di Barca raccontano come invischiata in una trasversalissima rete di interessi ed affari. Toccare i potentati locali, che per anni hanno gestito tessere e circoli, rischia però di provocare una reazione destinata a moltiplicare le tensioni interne al partito di maggioranza.

Renzi non sembra però avere tentennamenti e schiaccia il pedale dell'acceleratore convinto di essere ancora l'unica opportunità non solo per il governo del Paese, ma anche per il Pd. La fretta con la quale ieri Forza Italia si è accinta a dirsi disponibile per un governo di larghe intese, pare dar ragione a Renzi: a votare non vuole andare nessuno.