Martina Rossi, 3 anni ai due imputati. «Morì per sfuggire allo stupro». Il padre: ha vinto la giustizia

Martina Rossi, 3 anni ai due imputati. «Morì per sfuggire allo stupro». Il padre: ha vinto la giustizia
Martina Rossi, 3 anni ai due imputati. «Morì per sfuggire allo stupro». Il padre: ha vinto la giustizia
Mercoledì 28 Aprile 2021, 16:19 - Ultimo agg. 29 Aprile, 07:07
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Due condanne per la morte di Martina Rossi in Spagna: a 10 anni dalla scomparsa della studentessa, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, sono stati condannati a 3 anni per tentato stupro di gruppo. E' il verdetto del processo bis di secondo grado celebrato a Firenze sulla vicenda dell'allora ventenne genovese deceduta il 3 agosto 2011 precipitando da un balcone al sesto piano di un hotel a Palma di Maiorca (Spagna), dove era in vacanza e dove aveva incontrato i giovani di Castiglion Fibocchi (Arezzo), oggi trentunenni.

Il pianto dei genitori

Alla lettura della sentenza Bruno e Franca Rossi, i genitori di Martina, hanno pianto: lacrime di liberazione dopo tanti di anni di lotta per difendere loro figlia da ricostruzioni via via ritenute false dai giudici. Nessun suicidio, per l'accusa la ragazza stava sfuggendo a un tentativo di stupro. La pena inflitta a Vanneschi e Albertoni è quella che era stata richiesta nella requisitoria dal pg Luigi Bocciolini. Dichiarato, invece, prescritto il reato di morte in conseguenza di altro reato. In primo grado il tribunale di Arezzo aveva condannato Albertoni e Vanneschi a 6 anni di reclusione per tentata violenza sessuale e morte in conseguenza di altro reato, accusa quest'ultima appunto andata  prescritta. In appello, il 9 giugno 2020, Albertoni e Vanneschi erano invece stati assolti. La polizia spagnola aveva rubricato il caso alla voce "suicidio", ma fin dall'inizio la ricostruzione della vicenda anche in base ai racconti dei due giovani aretini aveva mostrato forti incongruenze, quelle evidenziate durante il processo terminato oggi.

A gennaio la Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dalla procura generale di Firenze, aveva annullato la sentenza disponendo un nuovo appello. Per la Suprema Corte i giudici dell'appello avrebbero commesso, tra l'altro, un «macroscopico errore visivo» nell'individuazione del punto di caduta. Un errore che avrebbe indotto la corte a credere che Martina avesse scavalcato il parapetto dal centro del balcone, forse con l'intento di togliersi la vita. Per l'accusa, la ragazza quando cadde stava fuggendo da un tentativo di stupro.

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Soddisfatto il papà

«Dicono che il sole vada ai belli ma oggi è andato anche ai giusti. Questa è la fine di un tentativo di fare del nuovo male a Martina. Ci hanno provato ma non ci sono riusciti. Il mio primo pensiero è andato a lei, ai suoi valori, a lei che non ha fatto niente e ha perso la vita». Così Bruno Rossi, padre di Martina.

Papà e mamma

«I giudici hanno riconosciuto che nostra figlia è stata ammazzata, non è morta per un gioco.

Il nostro stato d'animo è sopra il cielo: con questa sentenza ci sembra di aver recuperato l'affetto di nostra figlia, la sentiamo di nuovo al nostro fianco. La nostra lunga battaglia lunga dieci anni non è stata inutile». Lo hanno detto all'Adnkronos i genitori di Martina Rossi, Bruno Rossi e Franca Murialdo, dopo aver assistito alla lettura della sentenza della Corte d'Appello di Firenze. Marito e moglie quando il presidente del collegio, Alessandro Nencini, ha pronunciato il verdetto di condanna nei confronti di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi si sono sciolti in un pianto. «Una condanna a tre anni di reclusione sembra una pena bassa - ha aggiunto il padre Bruno - Ma per quanto bassa possa essere questa quantità di pena noi siamo convinti che anche Martina sarebbe contenta, soddisfatta per questa sentenza: perchè riconosce innanzitutto che è stata uccisa, che non è rimasta vittima di un tragico gioco». «La sentenza - ha osservato commosso Bruno Rossi - riabilita Martina, con i suoi affetti incredibili che aveva in giro, con le sue tante amicizie, con i suoi tanti interessi, con le sue tante passioni. E innanzitutto il suo desiderio di vivere, di futuro. Una giustizia l'abbiamo avuta, pur nel dolore immenso che portiamo nel cuore».

«La sentenza, inoltre, dimostra che la nostra battaglia aveva ragione di essere fatta, di essere portata avanti: non l'abbiamo fatta per un capriccio, per testardaggine. La nostra ragione d'essere era dare giustizia a Martina e la giustizia è arrivata», ha spiegato Bruno Rossi. «Questi due ragazzi pur condannati potranno continuare ad essere liberi - ha concluso il padre - potranno girare per le strade del loro paese di Castiglion Fibocchi a raccontare le loro verità, a sbeffeggiare, a ridere, a divertirsi, a fare le loro bravate. Martina purtroppo no, non potrà fare niente: è stata condannata a morte dieci anni fa. La vita continua per noi e noi dobbiamo fare a meno di lei anche dopo questa sentenza. Ma la giustizia comunque è arrivata e questo in parte ci consola anche agli occhi di nostra figlia, a cui dovevamo tutto quello che abbiamo fatto fin qui».

L'avvocato difensore

«È un passaggio doloroso ma non finisce qua. Sicuramente impugneremo la sentenza per Cassazione, perché siamo convinti che sia errata come ritenevamo errata la condanna di primo grado». Così il difensore di Luca Vanneschi, avvocato Stefano Buricchi.

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L'accusa

Il 28enne Albertoni e il 29enne Vanneschi, entrambi di Castiglion Fibocchi (Arezzo), rispondono di quindi tentata violenza sessuale di gruppo, reato in conseguenza del quale sarebbe morta Martina. La sentenza è stata emessa oggi pomeriggio, alle 16, ed è stata letta dal presidente Alessandro Nencini. In aula erano presenti i due giovani condannati (che prima della camera di consiglio non hanno rilasciato dichiarazioni spontanee come era stato invece annunciato) e i genitori di Martina, Bruno Rossi e Franca Murialdo, che hanno lottato a lungo per far riaprire il caso. La Corte ha accolto la pena illustrata dal sostituto procuratore generale Luigi Bocciolini, lo scorso 7 aprile: al termine della sua requisitoria aveva chiesto la condanna dei due giovani a 3 anni di reclusione, che peraltro si estinguerà per prescrizione tra la fine della prossima estate e l'autunno. Le difese dei due imputati nell'udienza dello scorso 14 aprile avevano chiesto l'assoluzione per i loro assistiti. 

La difesa

L'avvocato Stefano Buricchi nella sua arringa in difesa di Vanneschi aveva chiesto l'assoluzione ipotizzando che la giovane genovese si sarebbe suicidata gettandosi dal terrazzo dell'abergo. Analoga richiesta di assoluzione era arrivata dall'avvocato Tiberio Baroni, legale di Albertoni, sostenendo la tesi secondo cui Martina Rossi non sarebbe scivolata mentre cercava di passare da un terrazzo all'altro dell'hotel nel vano tentativo di evitare uno stupro. Il difensore di Albertoni aveva ipotizzato che la caduta sarebbe avvenuta dal centro del terrazzo e quindi si potrebbe pensare ad un volo accidentale, perchè si sarebbe sporta troppo dalla balaustra mentre vomitava dopo aver fumato uno spinello.

La vicenda

Albertoni e Vanneschi sono accusati di aver tentato lo stupro della ventenne di Genova che all'alba del 3 agosto 2011, di ritorno da una serata in discoteca, perse la vita cadendo dal sesto piano dell'hotel 'Santa Anà a Palma di Maiorca, dove si trovava in vacanza con delle amiche. Secondo la ricostruzione dell'accusa, a Palma di Maiorca la notte tra il 2 e il 3 agosto Martina Rossi salì in camera dei due giovani perché nella sua stanza le amiche erano in compagnia degli altri due ragazzi della comitiva di aretini e avevano formato due coppie. All'alba Martina precipitò dal balcone della stanza 609 dell'hotel 'Santa Anà, quella dei due giovani Albertoni e Vanneschi, per sfuggire, sempre secondo l'accusa, a un tentativo di stupro. Dopo indagini in Spagna dove il caso fu archiviato come suicidio, i genitori di Martina, Bruno Rossi e Franca Murialdo, sono riusciti a far riaprire il caso.

Il primo grado

 In primo grado ad Arezzo il 14 dicembre 2018 i due imputati vennero condannati a 6 anni di reclusione per tentato stupro e morte in conseguenza di altro reato (poi estinto per intervenuta prescrizione). Il 9 giugno 2020 la Corte d'appello di Firenze aveva assolto Albertoni e Vanneschi «perché il fatto non sussiste». La Suprema Corte di Cassazione lo scorso 21 gennaio ha annullato la sentenza di assoluzione disponendo un nuovo processo per i due imputati come aveva sollecitato, nel corso della requisitoria, il sostituto procuratore generale Domenico Seccia e accogliendo i ricorsi presentati dalla procura generale di Firenze e dalla parte civile. Ora la decisione di condanna per gli imputati da parte della Corte d'appello di Firenze nel processo bis.

 

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