C’è chi, in lacrime, guarda gli inviti già stampati, ormai, a causa dello slittamento per le misure anti-Covid, da gettare via. E chi tenta di ridurre al minimo la lista degli ospiti per assicurarsi almeno un brindisi. Ma anche chi, ormai provato, salta tutti i passaggi, e con abiti da gran cerimonia, si fa una foto per i social, dopo il “sì” in Comune, annunciando così le proprie nozze, con la promessa - e speranza - di fare prima o poi un ricevimento.
Non manca chi usa la Rete per cercare conforto, condividere speranze, scambiare consigli, come Maria Lucia, che sulla community di matrimonio.com, un anno fa raccontava di aver rimandato già due volte e di confidare nella terza data, ma poi si è ritrovata a dover spostare ancora la festa a giugno.
Tra le “vittime” wedding non mancano i vip: dalla coppia Palmas-Magnini a signore della tv come Simona Ventura o Federica Panicucci. Quelle storie testimoniano la crisi dell’intero comparto wedding, fortemente provato e ancora senza certezze. La filiera conta 80mila aziende, per un totale di più di 560mila posti di lavoro. Il calo del fatturato è stato del 70% rispetto all’anno precedente. E il valore dell’indotto si stima sia sceso dai 65 miliardi del 2019 ai 45,5 miliardi nel 2020.
«Considerando che i mercati Usa e Gran Bretagna - afferma Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc e direttore Osservatorio Italiano Destination Wedding Tourism - rappresentavano in epoca pre-pandemia ben il 39,6% del valore del wedding tourism, è interessante focalizzare l’attenzione su come si stanno comportando questi mercati. Dalla rilevazione emerge che i wedding specialists operanti nei due mercati hanno perso, nel 2020, il 69,7% degli eventi e il 78,9% di fatturato». L’interesse per l’Italia rimane ma se è vero che la domanda è forte, lo è pure che la risposta, per ora, è inevitabilmente ferma. «Oggi il 59,2% dei wedding specialists di questi due mercati anglofoni - prosegue - dichiara di avere molta richiesta per l’Italia, purtroppo al momento impossibile da soddisfare».