Medici di famiglia, è allarme: «Per la burocrazia Covid trascuriamo i malati seri»

Medici di famiglia, è allarme: «Per la burocrazia Covid trascuriamo i malati seri»
Medici di famiglia, è allarme: «Per la burocrazia Covid trascuriamo i malati seri»
di Graziella Melina
Martedì 4 Gennaio 2022, 21:49 - Ultimo agg. 6 Gennaio, 11:22
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La signora anziana che ha bisogno di una prescrizione per una radiografia al ginocchio inizia a chiamare di prima mattina. Ma il telefono è già occupato. La mamma quarantenne che vorrebbe fare il solito controllo si affida a whatsapp. Anche lei però, alla fine, dovrà pazientare un bel po’, perché i medici sono pochi, mentre invece continuano ad aumentare senza sosta i pazienti positivi che cercano il medico di famiglia anche solo per sapere dove fare un tampone. 

«Siamo esausti, siamo sfiniti – ripete quasi sconsolato Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie - abbiamo un aumento di 500 volte delle richieste di contatto. Ci chiamano per lo più per avere informazioni, ci chiedono dove ci si vaccina, come ci si comporta se si è positivi. Ormai – ricorda Cricelli - una persona ogni 30-40 è positiva.

Sappiamo bene che di questi il 70-75 è asintomatico, gli altri hanno bisogno delle terapie con antivirali. E poi dobbiamo continuare a seguire le persone con cronicità». 

Riuscire a rispondere pure al telefono, è spesso impossibile. «È chiaro che il tempo che rimane per occuparsi delle persone è estremamente ridotto – ammette Cricelli - e con grande fatica riusciamo a curarli tutti. L’altro ieri, un mio collega a Brescia ha fatto 31 tamponi e 28 sono risultati positivi. Ha cioè dedicato circa tre ore solo per questi test. Ma quello che poi ci rende il lavoro complicato è la burocrazia. Non c’è un call center per avere informazioni e le persone si rivolgono a noi».

Le risorse per far fronte al sovraccarico di lavoro sono insufficienti, e così nemmeno la segretaria, per chi ce l’ha, riesce a passare tutte le telefonate in attesa. «Il servizio sanitario – denuncia Cricelli - ha aumentato le terapie intensive, ha assunto nuovi medici, ma nessuna nuova risorsa è stata data per aiutare la medicina generale». 

 

Ovunque, riuscire a parlare col proprio medico, è un terno al lotto. «Nel mio studio a Roma siamo in due – racconta Pina Onotri, segretario generale del sindacato medici italiani - L’altro ieri abbiamo ricevuto 150 chiamate, senza considerare quelle che arrivano sul cellulare. Le linee sono sempre intasate. Cerchiamo di rispondere a tutti. Ma 14 ore di lavoro al giorno, compresi i festivi, non bastano». 

E così i pazienti cronici faticano ad avere risposte. «Ci dobbiamo occupare dei positivi, di quelli che sono venuti in contatto con un contagiato, e poi dobbiamo stare dietro a tutta la burocrazia - precisa Onotri – Facciamo le segnalazioni ai servizi di igiene e sanità pubblica, poi pensiamo alla prescrizione dei tamponi, dei certificati di fine isolamento. Ma il carico di lavoro dovuto ai pazienti positivi si va ad aggiungere a quello che facciamo nella normalità».

Intanto continuano ad accumularsi i controlli e le visite specialistiche saltate. «Ora è difficile recuperarle – ammette Onotri – Non dimentichiamo che le altre malattie non sono andate in vacanza. I cardiopatici, i diabetici, i malati oncologici gravi hanno bisogno di cura e assistenza». 

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Anche in Campania la situazione è difficile. «Ricevo circa 200 telefonate al giorno – racconta Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg (la Federazione italiana dei medici di medicina generale) – Il numero dei contagiati è enorme. L’impatto in questo momento è soprattutto nei soggetti tra i 10 e i 30 anni con coinvolgimento del nucleo familiare. Se nelle altre ondate qualche famiglia conteneva l’infezione al solo contagiato, adesso nel giro di tre giorni si infettano tutti». 

E non si tratta solo di asintomatici. «Una mia paziente, vaccinata ma immunodepressa, è stata contagiata dai due figli no vax ed è finita in ospedale. Io intanto rispondo al telefono anche durante i giorni in cui i servizi dei dipartimenti di prevenzione sono chiusi – denuncia Scotti – Lì non c’è nessuno sabato, domenica e festivi per attivare le prenotazioni previste per i tamponi. E i pazienti si rivolgono sempre a noi. Attiviamo la procedura, quella assistenziale, per le terapie anticovid, per il tampone. Se un lavoratore chiede un certificato di malattia – osserva Scotti - il meccanismo è complicato da nuove normative su quarantene e isolamenti, e adesso sull’autosorveglianza. Dobbiamo spiegare tutto noi, e questo allunga i tempi della telefonata. L’altro giorno, per controllare la pressione a un paziente che sembrava avere una crisi ipertensiva ho impiegato 20 minuti, perché ero interrotto dalle telefonate. Il carico di lavoro è davvero insostenibile». 

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