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Messina Denaro, il colonnello Arcidiacono racconta l'arresto: «Non ho dormito per giorni, gli stavamo dietro da 8 anni»

Il comandante del primo reparto investigativo dei Ros ha fermato il boss mentre stava andando al bar e gli ha chiesto come si chiamasse

Messina Denaro, il colonnello Arcidiacono racconta l'arresto: «Non ho dormito per giorni, gli stavamo dietro da 8 anni»
Messina Denaro, il colonnello Arcidiacono racconta l'arresto: «Non ho dormito per giorni, gli stavamo dietro da 8 anni»
di Cristiana Mangani
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 18 Gennaio 2023, 09:00
4 Minuti di Lettura

Colonnello, quale è stato il primo pensiero la mattina dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro?
«Ho fatto una semplice riflessione: che c'erano tantissime cose da fare e che eravamo solo all'inizio del lavoro».

Lucio Arcidiacono è il comandante del primo reparto investigativo del Ros dei carabinieri.
Finito sotto i riflettori insieme al procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia, all'aggiunto Paolo Guido, e al generale del Ros Pasquale Angelosanto, è la figura chiave della complessa operazione investigativa che ha portato all'arresto del super latitante trapanese. È lui che ha fermato materialmente il boss mafioso mentre si stava recando al bar per prendere un caffé ed è sempre lui ad avergli chiesto di rivelare l'identità.
«Lei lo sa bene chi sono io», ha ripetuto per ben due volte, quasi in tono di sfida, l'uomo che è stato l'ossessione degli investigatori di tutta Italia per 30 anni e che ora è lì, inerme, consapevole che la corsa è finita. 

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Che sensazione ha provato quando finalmente il boss ha rivelato il suo nome?
«Quando me lo sono trovato davanti l'ho subito riconosciuto, era lo stesso uomo, solo invecchiato dal tempo. Quello delle fotografie viste tante volte. Gli ho chiesto i documenti, una semplice formalità. Era lui e non c'erano dubbi. È stata comunque un'emozione grande: mi sono arruolato nei carabinieri un anno dopo le stragi di Falcone e Borsellino e per otto anni, con la mia squadra, gli abbiamo dato la caccia. Ma il suo arresto non è tutto, perché il nostro obiettivo, è stato soprattutto infliggere un duro colpo alla mafia».

Eppure, nonostante fosse ormai accerchiato, il boss ha provato anche a tenere un atteggiamento da duro.
«Solo un attimo, un tentativo di mostrarsi ancora un capo mafia. Ha ripetuto due volte la frase lei sa bene chi sono io, ha tardato a dire il nome, ma poi ha ceduto e ha anche riconosciuto che lo abbiamo trattato bene e ci ha dato atto del lungo lavoro fatto per arrivare alla sua cattura». 

Da giorni il suo volto compare su tutte le televisioni e i giornali, ormai è conosciutissimo. Non è troppo rischioso?
«Sono il comandante di una squadra, ho degli obblighi nei confronti dei miei uomini e della comunità. In questo ruolo tante volte ci ho messo la faccia deponendo nei processi, le nostre indagini hanno portato a importanti condanne che hanno fatto terra bruciata attorno al latitante. È da tempo che non metto il mefisto, ma durante il blitz ho chiesto a tutti i miei uomini di indossarlo».

A chi ha dedicato la cattura?
«A un ragazzo straordinario, a un carabiniere valoroso della nostra squadra, era il maresciallo Filippo Salvi: la notte del 12 luglio 2007 è caduto in un dirupo, a Bagheria, mentre stava cercando di piazzare una telecamera, proprio nell'ambito di un'indagine per arrivare alla cattura di Messina Denaro. Filippo aveva 36 anni, era originario della provincia di Bergamo, ma amava profondamente la Sicilia e la lotta di liberazione dalla mafia».

Che impressione le ha fatto Messina Denaro?
«Le indagini di questi anni ci hanno sempre rassegnato l'immagine di un mafioso diverso dagli altri: prima stragista, poi aveva intrapreso un suo percorso, tutto improntato sugli affari. Ora abbiamo avuto la conferma: è all'opposto dello stereotipo del classico mafioso di un tempo».

Da cosa è rimasto colpito?
«Indossava un orologio molto costoso: un Franck Muller da 35 mila euro. E poi parla abbastanza bene, ha un tono di voce calmo, pacato».

Ha chiamato la sua famiglia subito dopo l'arresto?
«No, con la mia famiglia sono stato in silenzio radio per diverso tempo. Non ho comunicato con nessuno, ho solo informato la scala gerarchica. A casa non mi vedono da giorni».

La notte prima dell'operazione quanto ha dormito?
«Nessuno ha dormito quella notte, solo in pochissimi. Abbiamo finito di programmare l'intervento. E sarà così ancora a lungo, perché c'è tanto da fare. Ci sarà tempo per riposare».

Come ha risposto la popolazione all'arresto del boss?
«Ho assistito a cose incredibili, a grandi manifestazioni di affetto da parte dei cittadini non soltanto a Palermo, ma anche tanto nel trapanese dove il boss comandava. Ho ricevuto centinaia di messaggi, ai quali risponderò non appena riuscirò a fermarmi un attimo».

Che giornata è stata quella di ieri?
«Sono andato in mille posti, anche in caserma, come sempre. E quando mi sono affacciato alla finestra dell'ufficio, ho visto che sotto c'era un gruppetto di persone. Guardavano in alto, avevano attaccato al palo uno striscione con su scritto: Grazie».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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