Nel lungo elenco di misteri che accompagnano la latitanza di Matteo Messina Denaro ce ne sono alcuni più evidenti di altri, quelli che in queste ore stanno facendo parlare di complotti o di protezioni ad alto livello. Come ha potuto questo uomo invecchiato dal tempo, ma identico alle immagini di quando era più giovane e anche all'identikit, farla franca per tutti questi anni? Gli investigatori dicono ora che MMD vivesse a Campobello di Mazara da circa sei-otto mesi. Mesi durante i quali carabinieri e polizia non hanno mai smesso di dargli la caccia, filmando ogni angolo del paese alla ricerca di “protettori”, di complici di ogni genere.
Messina Denaro, il poster del "Padrino" nel bunker. Quell'iconografia cara ai mafiosi siciliani
Le telecamere
Il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia, intervistato più volte in questi giorni, ha dichiarato che «non è possibile evidentemente che nessuno l’abbia riconosciuto, però che è così clamoroso come si potrebbe pensare» che la sua presenza sia sfuggita ai compaesani.
Le intercettazioni
Nel 2016, gli investigatori che controllavano esponenti di Cosa nostra della provincia di Trapani, considerati “uomini di fiducia” di Messina Denaro parlano di un pizzino che deve «tornare» a Mazara del Vallo proprio per mano del boss. Polizia e carabinieri si scatenano, sembra che questa volta qualche spiraglio si stia per aprire. Intercettano ogni telefono possibile, mettono cimici ovunque, ma il messaggio non arriva almeno per dieci giorni. Esattamente la durata dello sciopero dei pescatori del luogo. Ed è lì che più di uno si fa l’idea che Messina Denaro possa essersi temporaneamente spostato in Tunisia. Ma è una scena che si ripete perché in passto la prima rossa della mafia siciliana è stata indicata un po' ovunque: Inghilterra, Spagna, Sud America. In un periodo si è anche pensato che fosse morto, anche se - sempre dalle intercettazioni - gli investigatori hanno capito che non era così. Durante le indagini su una riconciliazione tra la Stidda e Cosa nostra nella zona di Canicattì, è stata intercettata una conversazione nello studio di un legale. I boss parlavano di destituire un capo storico dell’organizzazione, ridimensionarlo a favore di un ricambio. Qualcuno dice: «Non possiamo, solo Matteo può spostarlo». La persona con cui parla non sembra capire subito a quale Matteo si riferisca: «Quello di Castelvetrano». Un segnale evidente che era vivo, ma che non è bastato a portare gli inquirenti sulle sue tracce: Fino alla scorsa settimana, quando i carabinieri del Ros lo hanno bloccato appena fuori dalla clinica dove si curava per una grave forma di tumore, scoprendo poi una serie di covi dove si sarebbe nascosto in questi mesi.
Quando venne arrestato Totò Riina, il suo archivio segreto rimasto per 18 giorni nella villa di via Bernini, non è stato più trovato. Per il pentito Nino Giuffrè era passato nelle mani del boss di Castelvetrano. Ma di quei preziosi documenti ancora non ce n'è traccia.
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