Messina Denaro, il secondo covo del boss: nel bunker il caveau con soldi, gioielli e carte. Nelle scatole niente documenti, è stato ripulito?

È lì che l'Antimafia spera di trovare carte compromettenti sui suoi affari che non erano state ritrovate nel primo covo

Messina Denaro, individuato il secondo covo: è un bunker all'interno di un'abitazione
Messina Denaro, individuato il secondo covo: è un bunker all'interno di un'abitazione
di Nicola Pinna
Mercoledì 18 Gennaio 2023, 13:21 - Ultimo agg. 9 Aprile, 23:25
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Dal nostro inviato


CAMPOBELLO DI MAZARA (Trapani) - Gli autori della metafora sono due dei ragazzini che trascorrono ore e ore a godersi lo spettacolo di una perquisizione in pieno giorno, il viavai dei militari delle forze speciali che si muovono sempre incappucciati e l’arrivo dei super esperti del Ris con le tute bianche che si vedono in tv. Aldo e Giovanni, arrivati in sella a un motorino senza targa, osservano e commentano tutti i dettagli di una scena che è già in diretta su tutte le tv: «Vedi - dice uno - qui intorno non ci sono neanche telecamere. Ma ci sono diverse trappole per topi». E la risposta focalizza bene quello che da queste parti potrebbe essere successo davvero: «Certo, qui c’era un latitante, uno che viveva nascosto come un topo».
 

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BLINDATO
La conferma arriverà solo grazie alle investigazioni scientifiche, ma il sospetto è che dietro questa facciata appena ristrutturata, al numero 32 di via Maggiore Toselli, abbia trascorso un certo periodo di tempo proprio Matteo Messina Denaro. Al rifugio blindato, ma apparentemente non organizzato come un bunker sotterraneo, ci sono arrivati a metà mattina i finanzieri del Gico, i super investigatori della Fiamme gialle. Ma a raccontare loro di quel nascondiglio non è stato l’ormai famoso Andrea Bonafede, il geometra che aveva venduto la sua identità al capo irriducibile di Cosa Nostra e che gli aveva giurato fedeltà. L’operazione è frutto di una confidenza segreta, non del pentimento dell’uomo che si era persino intestato una casa per ospitare il padrino e creare per lui una specie di pied-à-terre, dove in questi giorni sono spuntate fuori pure le tracce di una frequente attività sessuale. Ora l’attenzione degli investigatori si estende anche al secondo covo: un chilometro esatto di distanza, al piano terra di una palazzina in cui abitano i quattro componenti di una famiglia che qualche legame con la malavita organizzata l’aveva già avuto. Non è grande, ma per capire se c’era uno spazio più ampio sarà necessario usare una ruspa o almeno un martello pneumatico. Per ora il nascondiglio sembra limitato a una stanza di pochi metri quadri. All’interno non è stato trovato quasi nulla di compromettente, ma a distanza di 48 ore dall’arresto c’è stato di sicuro il tempo di ripulire tutto. Se Matteo Messina Denaro ha vissuto, dormito, mangiato o incontrato qualcuno all’interno di questa stanza nascosta dietro a un grande armadio lo sveleranno le tracce biologiche e le impronte digitali.
 

 

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E in quel momento scatta l’irruzione. Di sfondare la porta, in via Maggiore Toselli, non c’è bisogno. All’interno della palazzina individuata con molta precisione c’è qualcuno che ci abita e al momento in cui arrivano gli incappucciati delle Fiamme gialle sono tutti in casa: il capofamiglia, l’agricoltore settantaduenne Errico Risalvato, la moglie Mattia e la figlia Nicoletta. I finanzieri sanno già cosa cercano e in poco tempo lo trovano. Il nascondiglio che quasi certamente è stato sfruttato dallo stragista di Castelvetrano, in chissà quale periodo della sua interminabile fuga dalle manette e dalle condanne, si trova al piano terra. Oltre il portone marrone, che si trova alla sinistra dell’ingresso principale. L’edificio è su due piani, ma l’attenzione si concentra subito al piano terra. Verso quella stanza nel lato destro di una corte: apparentemente è vuota, c’è solo un armadio che copre praticamente tutto il muro. Dentro ci sono solo vestiti, ma svuotarlo non basta. Il segreto è nel fondo del mobile e i finanzieri non si fanno sfuggire questo dettaglio: il legno si muove, perché quella è una specie di anta scorrevole. E dietro ovviamente c’è qualcos’altro. Una porticina blindata e rigorosamente chiusa a doppia mandata. Le chiavi le consegna quasi subito ai militari Nicoletta Risalvato, la figlia del capo-famiglia che alcuni anni fa era finito (e poi era stato assolto) in un’inchiesta insieme a Matteo Messina Denaro.


SVOLTA
Dentro quella stanzetta buia, senza acqua e senza un collegamento fognario, c’è davvero molto poco ma a dare una svolta alle indagini potrebbero bastare quelle quattro scatole piene di documenti. La speranza del procuratore aggiunto Paolo Guido, che arriva a Campobello quando il blitz è appena iniziato, è che tra quelle carte ci siano elementi utili a ricostruire la vita segreta dell’uomo che pensava di morire senza trascorrere un solo giorno dietro le sbarre. Forse ci sono dettagli sulle sue condizioni di salute, forse preziosi particolari sugli affari miliardari che il super latitante era ancora in grado di progettare e controllare. Il resto del materiale sequestrato è fatto di gioielli e pietre preziose, di cartoni vuoti e di qualche utensile. Forse la stanza nascosta veniva usata come una sorta di caveau per preziosi, contanti e carte compromettenti. Ma il sospetto dei carabinieri del Ros, quelli che hanno catturato il super boss e che ora cercano di ricostruire la rete di connivenze e supporto quotidiano, è che in quella casa qualcuno si sia affrettato a ripulire tutto. Che una volta saputo della fine dell’interminabile latitanza abbia fatto sparire i materiali più compromettenti. Ma ci potrebbe essere ancora altro da scoprire, magari con i martelli pneumatici o le ruspe. Il lavoro va avanti fino a notte fonda e i ragazzini restano lì fino alla fine. Gli adulti del paese, invece, da qui girano alla larga.

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