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Messina Denaro, la vita privata del boss: usava altri due nomi e diceva: «Il Padrino sono io»

Nelle stanze dell'appartamento-covo anche gli abiti di un'amante abituale

La vita privata del boss Matteo Messina Denaro
La vita privata del boss Matteo Messina Denaro
di Riccardo Lo Verso
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 23 Gennaio 2023, 07:05 - Ultimo agg. : 18:57
4 Minuti di Lettura

I rilievi dei carabinieri del Ris sono stati ultimati. Da oggi inizierà la perquisizione profonda del covo di Matteo Messina Denaro, a Campobello di Mazara. Una volta isolate impronte digitali e tracce biologiche, si passerà all'analisi minuziosa dei reperti che appartengono al latitante e alle persone che sono transitate nel rifugio di via Cb 31. Compresa una donna, i cui abiti sono rimasti nel piccolo ma ben ristrutturato appartamento ad una manciata di metri da una delle principali strade di accesso al paese trapanese.

APPROFONDIMENTI
Andrea Bonafede è stato arrestato, prestò l'identità a Messina Denaro: è accusato di associazione mafiosa
Nordio e l'esempio di Livatino: «Continueremo la sua guerra alla mafia»
«Così ho condotto la polizia nel covo» ma il supertestimone ora ha paura
Nel bar dove prendeva il caffè: «Quando entrava stavano tutti zitti»

Messina Denaro frequentava diverse donne, ma probabilmente con una si è creato un rapporto più intimo. Difficilmente chi è stata nel covo per un incontro occasionale vi ha lasciato i vestiti. È vero, potrebbe averli dimenticati, ma in casa ci sarebbero più tracce di una presenza femminile.

La donna è solo uno dei misteri della recente vita del padrino trapanese. L'identità del geometra Andrea Bonafede gli serviva per le visite mediche e i ricoveri, ma è con altre generalità che Matteo Messina Denaro se ne andava in giro a Campobello di Mazara. Bonafede è un personaggio molto conosciuto. Impossibile bluffare senza essere scoperto. Serviva dunque un nome di copertura anche in un contesto in cui Messina Denaro ha potuto contare su una complicità diffusa. Molti sapevano chi fosse e hanno taciuto, in tanti hanno fatto finta di non capire. C'era una cerchia ristretta di fedelissimi, come Andrea Bonafede e Giovanni Luppino, e c'erano coloro che si sono girati dall'altra parte. Sui quali sono ora concentrate le indagini che potrebbero dare risultati a breve. 

Luppino, l'autista che lo ha accompagnato in clinica, a Palermo, il giorno dell'arresto ha detto di averlo conosciuto con il nome Francesco. Qualcun altro in paese sostiene che Messina Denaro si presentasse con il nome Stefano. L'identità più usata resta top secret perché ad essa sarebbe legata una fetta della recente vita di Messina Denaro. Una vita che dal 2020, forse prima, è coincisa con la residenza a Campobello di Mazara. C'è certezza sulla datazione perché il geometra Bonafede è transitato per la prima volta da strutture sanitarie pubbliche nel 2020. È stato ricoverato nel reperto di Chirurgia generale dell'ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo e il suo esame istologico è stato eseguito al Vittorio Emanuele di Castelvetrano due anni prima che venisse operato alla clinica La Maddalena. 

Video

Messina Denaro non è rimasto rintanato in casa. Girava parecchio, sarebbe persino andato a comprare di persona un'Alfa Romeo Giulietta a Palermo, nella zona di Corso Calatafimi, ad una manciata di metri dal palazzo che ospita la presidenza della Regione siciliana. Auto comprata in contanti, circa un anno fa, che teneva in un terreno del figlio di Luppino. I documenti dell'auto, intestati alla madre di Bonafede, erano conservati nel covo di vicolo San Vito. Sulla macchina sono in corso una serie di accertamenti tecnici irripetibili.

Quando rientrava a casa, a Campobello di Mazara, leggeva libri di storia e filosofia - lui che si rammaricava di non essere andato oltre la licenza media - studiava le biografie di Putin e Hitler, si specchiava nelle immagini che ha scelto per ornare le pareti di casa. Tra un'immagine della Vucciria di Renato Guttuso, una pantera con la bava alla bocca e un leone, in salone sono appese le locandine con Marlon Brando e Al Pacino che diedero il volto a don Vito Corleone nel film Il Padrino. Un tema che si ripete sul magnete del frigorifero e sulla tazzina del caffè, dove primeggia la scritta: «Il padrino sono io». 

Da oggi i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo e i carabinieri del Ros inizieranno a studiare ogni dettaglio contenuto in agende, fogli, post-it e documenti trovati in casa. Una miniera di informazioni da decifrare per capire cosa abbia davvero fatto negli ultimi anni di vita un uomo capace di essere un fantasma in mezzo a tanta gente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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