Naufragio Crotone, Mattarella e Meloni all'Europa: «Fermi i trafficanti»

La premier: «Impediamo queste tragedie»

Mattarella-Meloni, pressing sulla Ue: «Fermi i trafficanti»
Mattarella-Meloni, pressing sulla Ue: «Fermi i trafficanti»
di Michela Allegri e Francesco Malfetano
Lunedì 27 Febbraio 2023, 00:32 - Ultimo agg. 16 Ottobre, 12:16
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Naufragio Crotone -«Bruxelles si faccia avanti e fermi i trafficanti». Mentre istituzioni e politica si stringono nel dolore per la tragedia che si è consumata ieri sulle coste calabresi, nel governo la convinzione è che quel naufragio poteva e doveva essere evitato. Il “come” è stato messo nero su bianco già nelle conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo a cui ha preso parte Giorgia Meloni, quello del 9 febbraio. Alla voce «rafforzamento della dimensione esterna» - inserita per la prima volta in un documento di questo tipo su input di Roma - si legge: «L’Ue rafforzerà la sua azione tesa a prevenire le partenze irregolari», intensificando «la cooperazione con i paesi di origine e di transito». Giri di parole che, tradotti attingendo alle dichiarazioni della premier, stanno a significare che la via indicata dall’Italia è quella giusta e, quindi, bisogna favorire l’immigrazione regolare, impedendo le partenze su barchini e scafi di fortuna: «È disumano scambiare la vita di uomini, donne e bambini col prezzo del “biglietto” da loro pagato nella falsa prospettiva di un viaggio sicuro». 


IL COLLE


Come sempre i Ventisette hanno ritmi compassati e tendono ad agire in ritardo, anche quando di mezzo ci sono centinaia di vite. Tant’è che ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha utilizzato toni durissimi nei confronti di Bruxelles: «È indispensabile che l’Ue assuma in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani, impegnandosi direttamente nelle politiche migratorie, nel sostegno alla cooperazione per lo sviluppo dei paesi da cui i giovani sono costretti ad allontanarsi per mancanza di prospettive».

Il riferimento alla responsabilità dei criminali che gestiscono i flussi migratori o al ruolo da recitare in Africa è esplicito. E, al netto delle polemiche delle opposizioni che additano il decreto Ong, rinsalda l’asse tra il Colle e palazzo Chigi in nome di un pressing crescente nei confronti della Ue. Una pressione resa ieri anche dal ministro Piantedosi: «È fondamentale proseguire in ogni iniziativa per fermare le partenze e che non vengano in alcun modo incoraggiate traversate che, sfruttando il miraggio illusorio di una vita migliore, alimentano la filiera dei trafficanti e determinano sciagure come quella di oggi». Tuttavia, nonostante ieri la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola abbia attaccato l’immobilismo comunitario («Servono nuove regole»), difficilmente si smuoverà qualcosa prima del Consiglio Ue del 23 marzo. «Ma lì ora si potrà accelerare» dice un ministro.

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LA STRATEGIA


Intanto però le soluzioni concrete offerte da Bruxelles sono poche. Per questo, nonostante l’assoluta consapevolezza che un’azione coordinata sarebbe più efficace (specie con l’Action plan annunciato a novembre scorso e congelato dalla Commissione Ue), l’Italia non resta a guardare. Il governo «è impegnato a impedire le partenze e con esse il consumarsi di queste tragedie, e continuerà a farlo» ha detto ieri Meloni. Nei fatti il decreto Ong è quindi il primo passo in un programma d’azione molto più ampio. Una strategia che ha l’obiettivo chiaro di frenare i flussi migratori illegali agendo con accordi stipulati con i paesi di partenza e di transito. Il focus non è solo su Libia e Tunisia - dove non a caso si sono recati nei mesi scorsi Piantedosi, Tajani e la stessa Meloni - ma su quei Paesi attraversati dalla rotta orientale, che si è definitivamente riaperta. Le modalità sono da definire caso per caso ma si tratta di accordi bilaterali, economici o commerciali, che potrebbero essere stipulati con meccanismi premiali. Ad esempio l’Italia può aumentare la quota di immigrazione legale («Aprendo i consolati italiani in Africa per fare domande regolari» come ha spiegato Meloni recentemente) in cambio di un meccanismo di rimpatrio più efficiente da parte dei paesi di partenza. Il Viminale è però al lavoro anche sul fronte interno. È infatti previsto un rafforzamento dei Centri di permanenza per i rimpatri e, come spiega il sottosegretario Nicola Molteni, una modifica «del decreto immigrazione targato Lamorgese-Conte», che correggeva il tiro, tra l’altro, sui decreti sicurezza voluti dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini.

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