Il mistero di Mirko, suicida in spiaggia ad Agrigento: «Aiutato da un 16enne»

Il mistero di Mirko, suicida in spiaggia ad Agrigento: «Aiutato da un 16enne»
Il mistero di Mirko, suicida in spiaggia ad Agrigento: «Aiutato da un 16enne»
di Valentina Errante
Mercoledì 8 Settembre 2021, 07:00 - Ultimo agg. 14:07
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Contrordine. Potrebbe non essere stato un suicidio. Mirko Antonio La Mendola, il ragazzo di 26 anni trovato morto la sera dello scorso 25 agosto con una ferita di arma da fuoco alla testa, potrebbe non avere premuto il grilletto della sua calibro 9, ma avere convinto un amico sedicenne a sparargli. Per questo adesso il nome del ragazzino è finito sul registro degli indagati della Procura dei minori di Palermo con l’ipotesi di omicidio del consenziente. E il fascicolo sul suicidio è stato trasmesso dalla Procura di Agrigento ai colleghi.  

A determinare il cambio di passo nelle indagini, condotte dai carabinieri, sarebbero state le chat tra i due, molto legati nonostante la differenza di età.

Nelle conversazioni, Mirko, depresso per non avere superato il concorso in polizia, manifestava la sua intenzione di farla finita. La salma era già stata messa a disposizione della famiglia. Poi è arrivata la decisione di compiere l’autopsia che verrà effettuata giovedì, per consentire al Ris dei carabinieri, prima dello svolgimento dell’esame, di eseguire una serie di verifiche anche sul corpo di Mirko. A cominciare dallo stub, l’analisi che rintraccia la polvere da sparo sui polpastrelli di chi usa un’arma da fuoco. Un accertamento che, però, a distanza di tanto tempo, è praticamente escluso che dia risposte. 

Poco dopo la mezzanotte del 25 agosto, era stato proprio il giovanissimo amico di Mirko a dare l’allarme. Quando i soccorsi erano arrivati, sulla spiaggia di Punta Grande, vicino alla villa romana di Realmonte, in provincia di Agrigento, non c’era stato nulla da fare. Mirko era morto: un colpo della sua calibro 9 alla testa. L’amico era rimasto a lungo accanto al cadavere ad aspettare che arrivasse il 118. La vittima aveva un porto d’armi per uso sportivo e il giovane era un appassionato di tiro a segno. Anche il sedicenne, conosciuto in palestra e che da un po’ di tempo lo seguiva dappertutto, si stava appassionando a questa pratica. Non sembrava ci fossero dubbi: suicidio. Il fatto che Mirko fosse depresso per non avere superato il concorso in polizia era noto a tutti. 

Il telefono del ragazzo è stato sequestrato dai carabinieri che la sera del 25 agosto erano arrivati sulla spiaggia e a far sorgere i primi sospetti nei confronti del giovanissimo amico di Mirko sarebbero state le conversazioni tra i due. Dialoghi nei quali il più grande proponeva al ragazzino di aiutarlo a morire e l’altro rispondeva con alcune emoji. E così anche il cellulare del sedicenne è finito in mano ai carabinieri. Il sospetto è che il sedicenne, in uno stato di soggezione psicologica e dipendenza da Mirko, si sia lasciato convincere dall’amico a premere il grilletto. Elementi che avrebbero spinto il procuratore Luigi Patronaggio ad approfondire alcuni aspetti e poi a spogliarsi dell’inchiesta per trasmettere gli atti ai colleghi della procura dei minori di Palermo, ipotizzando che a sparare, quella notte sulla spiaggia, non sia stato Mirko ma il suo amico. Il ragazzo nega ogni addebito, anzi sostiene di essere andato a Realmonte proprio perché era preoccupato per la condizione psicologica nella quale si trovava Mirko. Circostanza nota anche alla sua fidanzata. Ma le verifiche per stabilire cosa sia realmente accaduto sono in corso. Anche quelle tecniche. 

Giovedì le prime risposte potrebbero arrivare dall’autopsia. Ma saranno soprattutto la perizia balistica, disposta dalla procura, a fare chiarezza sulla dinamica. Anche i legali delle parti, Rosario Didato per la famiglia di Mirko, e Calogero Buscarino per il giovane indagato, hanno nominato i propri periti. E la difesa ha intenzione di chiedere gli atti del concorso per entrare in polizia che Mirko non aveva superato. L’avvocato Buscarino vuole capire se il ragazzo avesse problemi psicologici così evidenti da condizionare l’esito delle prove, o tali da essere compatibili con un’ipotesi di suicidio. 

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