Santa Maria, morta a 38 anni
dopo il parto cesareo: assolti due medici

Santa Maria, morta a 38 anni dopo il parto cesareo: assolti due medici
di Nicoletta Gigli
Domenica 11 Aprile 2021, 13:34 - Ultimo agg. 14:19
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TERNI Silvia Barcherini, 38 anni, insegnante amerina, se ne andò ad agosto di quattro anni fa ad una settimana di distanza dal parto cesareo. Quel bimbo tanto atteso, il suo primo figlio, Silvia non l’ha mai potuto conoscere. Per il decesso della neomamma di Porchiano del Monte, che poco dopo il parto era stata colpita da un’emorragia interna, erano finiti a giudizio due ginecologi dell’azienda ospedaliera “Santa Maria”. L’accusa per entrambi era quella di omicidio colposo. Il processo, svolto con il contributo di diversi periti nominati dalla procura e dal giudice e dalla difesa degli indagati, si è chiuso con l’assoluzione con formula piena dei due professionisti, assistiti dagli avvocati Luigi Zingarelli, Silvia Serni e Giancarlo Viti. Le motivazioni della sentenza del giudice, Massimo Zanetti, saranno depositate entro 60 giorni. L’indagine penale partì poche ore dopo il decesso di Silvia, quando i poliziotti della Mobile si presentarono in ospedale con in mano la delega della procura. In quelle ore l’ufficio denunce della questura aveva ricevuto l’esposto della famiglia di Silvia Barcherini, pronta ad accogliere con infinito amore quel bimbo tanto atteso, il suo primo figlio. Su disposizione del pm, Raffaele Iannella, gli agenti della Mobile sequestrarono la cartella clinica della giovane mamma. Carte che poi rimesse alla Digos per un fascicolo che all’inizio era senza ipotesi di reato e senza indagati, aperto su impulso di familiari senza più lacrime che chiedevano di far luce sulla tragedia. L’obiettivo era solo quello di chiarire le cause della morte della giovane mamma, costretta a dire addio alla vita in un momento in cui doveva esserci spazio solo per la gioia di una nuova vita, la speranza, i progetti per il futuro. In quei giorni l’ospedale fece sapere che “la donna, a distanza di 12 ore dal parto” aveva avuto uno “shock da emorragia diffusa multiorgano, non uterina ma retroperitoneale, che ha richiesto l’intervento dell’equipe di chirurgia generale. La donna non si è ripresa ed è stata ricoverata in gravi condizioni nel reparto di rianimazione, dove poi è deceduta. Apparentemente l’emorragia sopraggiunta il giorno dopo il parto - precisarono dall’ospedale - non ha nulla a che vedere con il cesareo, ma solo l’autopsia potrà fornire ulteriori elementi per chiarire le cause che hanno determinato il decesso”. Dopo il rinvio a giudizio dei due ginecologi che si erano occupati della giovane mamma il via al processo. Per i consulenti della procura, che ipotizzavano l’esistenza di un aneurisma dell’arteria splenica, c’era stata negligenza da parte dei medici. Diversa la lettura dei consulenti nominati dalla difesa. Secondo cui non solo non c’era evidenza dell’aneurisma, ma le cause del decesso della donna andavano ricercate in una patologia diversa, probabilmente un’emorragia cerebrale. «In questa vicenda dolorosa - dice l’avvocato Luigi Zingarelli - la sentenza conferma che i due medici, che per noi sono professionisti seri e competenti, hanno operato correttamente. E che non hanno fatto nulla di quello di cui erano accusati».
Nicoletta Gi

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