Morti contro guard-rail, risarcimento dopo 20 anni

Morti contro guard-rail, risarcimento dopo 20 anni
Mercoledì 7 Ottobre 2020, 16:57 - Ultimo agg. 17:14
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Vent'anni di attesa per veder riconosciuta la responsabilità di Anas (al 30%) nel decesso del proprio figlio diciannovenne, avvenuto a seguito di un incidente stradale, appunto nel 2000, sulla tangenziale Mistral a Modena. Schianto in cui morì anche una diciassettenne, passeggera dell'auto, mentre un'altra ragazza rimase ferita. E' arrivata nei giorni scorsi la sentenza della seconda sezione civile della Corte d'Appello di Bologna che ha stabilito come il guard-rail contro il quale si schiantò l'auto condotta dal giovane residente a Castellarano (Reggio Emilia) si trovasse in una condizione tale da «non solo non assolvere alla sua funzione contenitiva», ma anche da diventare esso stesso «causa diretta dell'evento mortale».

Dopo «una vita e dopo aver perso tutto», ha commentato il padre della giovane vittima, la famiglia ha avuto ragione, vedendo accolto un ricorso che era stato presentato poco dopo il tragico evento e che il tribunale civile di Modena aveva respinto in primo grado, individuando nella velocità sostenuta dal veicolo (120 chilometri orari in un tratto dove vigeva il limite dei 70) l'unica vera causa.

Ai parenti del diciannovenne (padre, madre e due sorelle) Anas dovrà versare 250mila euro di risarcimento: 99.824 ad ognuno dei due genitori, 31.943 alla sorella convivente e 15.971 alla sorella non convivente.

La sera del 5 marzo del 2000 l'auto sulla quale viaggiavano il ragazzo di 19 anni, una diciassettenne di Modena anch'essa deceduta e una diciottenne rimasta gravemente ferita, si schiantò a forte velocità contro un vertice non arrotondato di un guard-rail sulla tangenziale, che penetrò dentro all'abitacolo, questo perché nel tratto in questione c'erano due segmenti della barriera stradale separati da un ampio varco, di circa 8-9 metri. Elemento questo che risulta determinante, come si evince dalla sentenza. Se Anas ha spiegato l'esistenza di quel varco sostenendo che «era funzionale a consentire l'accesso ad un manufatto per la captazione di acqua potabile», una consulenza tecnica ha stabilito che «qualora il guard-rail fosse stato continuo e in buono stato, non sarebbe penetrato nel veicolo. E' più probabile che l'autovettura non potesse sfondare un guard-rail in buono stato di manutenzione e continuo».

Dunque, se la velocità ha contributo per un 70% alla tragedia, il restante 30 è imputabile allo stato del guard-rail e di conseguenza ad Anas che avrebbe dovuto vigilare in merito. «Oggi finalmente sappiamo - aggiunge il genitore della vittima - che quel guard-rail non fermò la corsa dell'auto di mio figlio, anzi...».

Soddisfazione per l'esito di una sentenza attesa vent'anni, salvo che Anas non ricorra in Cassazione, arriva dall'avvocato della famiglia, Cristina Cataliotti, che ha condotto la lunga battaglia legale: «Finalmente - le parole dell'avvocato reggiano - è stata resa giustizia a chi la chiedeva da ormai vent'anni. L'auspicio è che tragedie di questo tipo portino a concentrarsi maggiormente sull'importanza della prevenzione a salvaguardia della salute umana, allorché esistono mezzi idonei, ove opportunamente utilizzati, a ridurre il rischio»

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