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Navi migranti, la stretta sulle Ong: in rada solo per soccorsi ai fragili. Controlli a bordo, poi respingimenti

Navi migranti, la stretta sulle Ong: in rada solo per soccorsi ai fragili. Controlli a bordo, poi respingimenti
Navi migranti, la stretta sulle Ong: in rada solo per soccorsi ai fragili. Controlli a bordo, poi respingimenti
di Cristiana Mangani
Articolo riservato agli abbonati
Sabato 5 Novembre 2022, 08:00 - Ultimo agg. : 17:32
5 Minuti di Lettura

Verranno soccorsi tutti coloro che sono fragili: donne, bambini, persone malate. «L’italia rispetta le esigenze umanitarie», ma per gli altri la situazione non cambierà. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi annuncia il primo provvedimento interministeriale del Governo riguardo alle ong. La decisione arriva dopo che nel pomeriggio di ieri, la nave Humanity 1 con a bordo 179 migranti e la piccola Rise above, con 95 persone soccorse (entrambe battenti bandiera tedesca), hanno violato il divieto di entrare nelle acque territoriali italiane. Sono arrivate sotto costa senza l’autorizzazione, chi perché - dice - di non avere più cibo a bordo, chi perché sta cercando di contenere un tentativo di rivolta. 

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Si trovano ora davanti a Catania e a Siracusa, ma nel caso di Humanity 1 non potrà rimanere a lungo in quella posizione. Il provvedimento del Governo le ha imposto di fermarsi in rada e di rimanere in acque italiane il tempo necessario per permettere di verificare le emergenze di carattere sanitario a bordo. «Ci faremo carico di tutte le persone che hanno bisogno, come le donne incinte o i bambini - ha spiegato Piantedosi - anche perché stanno peggiorando le condizioni del mare. Ma per gli altri ci deve essere il coinvolgimento dei Paesi delle navi delle ong. E all’esito della verifica, chi non rientrerà in questi gruppi dovrà rimanere a bordo e tornare in acque internazionali». 

Il ministro ha spiegato che l’occasione del Cdm è servita per condividere le politiche del governo sui migranti in particolare per le navi che battono bandiera estera: il problema di chi arriva deve essere condiviso proprio con i paesi di bandiera: «Quando si sale su una nave in acque internazionali si sale sul terreno di quel Paese», ha ricordato. Ha poi sottolineato l’importanza «dell’apertura della Francia che si è assunta l’onore di far sbarcare l’Ocean Viking». Quello di ieri, ha aggiunto è il «primo atto di una politica che non vuole deflettere dal rispetto degli obblighi umanitari, ma senza deflettere sull’esigenza di mantenere il punto sui paesi di bandiera». Infine ha chiarito che rispetto a Rise above, la situazione, in questa fase, potrebbe essere diversa, perché si tratta di una nave piccola, «con difficoltà a bordo e precarietà di navigazione verso Siracusa: tratteremo anche questa nave con il medesimo criterio» che sarà applicato per Humanity 1.

 

In attesa di vedere come si evolverà la situazione, restano fuori dalle acque italiane altre due navi, Ocean Viking, e Geo Barents. Mentre il Viminale sta mettendo a punto la strategia per quella che si annuncia una battaglia molto complicata. Sin dai primi giorni dell’insediamento, Piantedosi ha dichiarato che «i flussi migratori devono governarli gli Stati, non gli scafisti, perché, poi, il rischio è che diventino tragedie». E allora gli obiettivi prioritari del suo ministero saranno due: rafforzare i canali di ingresso regolari, con quote precise e concordate, e lavorare sugli irregolari investendo nei paesi di transito. Un’operazione tentata più volte in passato e, non sempre, con risultati positivi. Ma che questa volta avrà una chiave in più: chi collaborerà a questa gestione verrà “premiato” con la possibilità di concordare un aumento dei flussi maggiore. A esempio, la Tunisia o l’Egitto (paesi da dove parte il maggior numero di migranti economici) con i quali l’Italia ha accordi molto solidi.

In questi giorni si è più volte parlato della creazione di hotspot nei Paesi interessati alle partenze, ma l’operazione non è facile perché andrebbe comunque condivisa a livello locale e non risolverebbe il problema. E allora il lavoro sarà concentrato sui ricollocamenti. Il 10 giugno scorso è stato siglato un accordo a Lussemburgo tra 18 Paesi europei e 3 aderenti, che ha allargato il numero dei ricollocamenti a 10 mila e che, per la prima volta, ha inserito nel gruppo non soltanto i richiedenti asilo, ma anche i migranti salvati in mare. Il Viminale dovrà affrontare, poi, la questione che riguarda il sistema dell’accoglienza, ormai saturo, e migliorare “le sofferenze” dell’anello successivo, quello dell’organizzazione, dei corsi di lingua, dell’integrazione.

Rimangono ferme le posizioni sulle ong. Per il governo, non devono operare senza il coordinamento e l’ok dell’Italia. E comunque va considerato che l’assegnazione di «un porto sicuro», potrebbe voler dire anche un porto della Tunisia. Cosa diversa per la Libia, dove ci sono problemi umanitari. Ed è su questo fronte e anche sulle imbarcazioni “mascherate” da diporto che sono, molto spesso, barche a vela che partono da Grecia o Turchia, con skipper originari di Turchia, Egitto, Tunisia, Siria e Ucraina, che è in campo l’intelligence. Le cosiddette interviste che vengono fatte ai migranti subito dopo lo sbarco, prevedono la presenza di esperti che si occupano specificatamente di immigrazione e reati connessi. Attualmente sono 7 e si trovano in Paesi come Egitto, Tunisia, Libia, Pakistan, Turchia, Nigeria e Polonia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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