Omicidio a Pescara, l'ombra della camorra dietro l'agguato al bar: il giallo del blitz in ospedale di un uomo dall'accento napoletano

Omicidio a Pescara, l'ombra della camorra dietro l'agguato al bar: il giallo del blitz in ospedale di un uomo dall'accento napoletano
di Luigi Sabino
Venerdì 5 Agosto 2022, 17:10 - Ultimo agg. 6 Agosto, 12:18
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Potrebbe esserci la regia della camorra dietro la tragica sparatoria avvenuta a Pescara pochi giorni fa. È questa l’ultima ipotesi su cui si stanno concentrando le attenzioni degli investigatori abruzzesi impegnati nel fare luce sull’accaduto. Un’ipotesi che ha preso forza dopo quanto accaduto martedì sera presso l’ospedale Santo Spirito dove, poco prima, era stato trasportato in condizioni critiche Luca Cavallito, una delle vittime della furia del sicario.

Un uomo di mezza età, robusto, tatuato e, soprattutto, dallo spiccato accento campano, si è presentato presso il pronto soccorso del nosocomio chiedendo, con insistenza, delle condizioni del ferito e, in particolare, se fosse ancora vivo. Un’insistenza che ha destato l’attenzione dei medici che, a loro volta, hanno allertato gli agenti del presidio presente nella struttura. A questo punto, però, del napoletano non c’era già più traccia. L’uomo, infatti, prima di poter essere identificato si era dileguato nel nulla. Un comportamento insolito per un amico o un parente ma che, questa l’idea degli investigatori, sarebbe del tutto plausibile per qualcuno che era coinvolto nell’agguato. Perché, ed è questo il punto su cui investigatori ed inquirenti sono stati d’accordo sin dal primo minuto, il ferimento di Luca Cavallito e l’omicidio di Walter Albi, l’architetto 66enne che era in sua compagnia, è stato un vero e proprio agguato.

Il sicario, un esperto secondo gli investigatori, sapeva dove si trovavano le vittime e, anzi, non è escluso che avesse con loro un appuntamento. Questo spiegherebbe perché, prima di fuggire si è impossessato dei loro cellulari su cui, forse, c’erano tracce che avrebbero portato alla sua identificazione. Non solo. Il killer voleva essere sicuro che i due morissero al punto da avvicinarsi per esplodere i classici colpi di grazia. Qualcosa, però, va andato storto e Cavallito, nonostante le gravissime ferite, sopravvive alla sua furia e viene trasportato in ospedale. Se dovesse restare in vita potrebbe trasformarsi in un pericolosissimo testimone. Da qui la preoccupazione di chi lo voleva morto e la conseguente visita, da parte sua o di un emissario, per sincerarsi delle sue condizioni.  Una visita, però, che, come unico risultato, ha avuto quello di rafforzare il servizio di sorveglianza sull’ex calciatore 49enne, ora guardato a vista da un imponente sistema di sicurezza. La preoccupazione, infatti, è che chi ha deciso il duplice delitto possa tentare di completare l’opera. Timore legittimo, soprattutto se l’ipotesi che dietro possa esserci un’organizzazione camorristica dovesse trovare piena conferma. 

Il perché del duplice agguato, al momento, non è ancora chiaro ma gli investigatori ritengono che sia da cercare in qualche affare che i due avevano con soggetti legati alla criminalità organizzata. Riciclaggio, forse, oppure droga, settore di cui Cavallito non sarebbe stato del tutto estraneo secondo gli investigatori. Affari con i boss campani? Possibile, anche perché da anni, in Abruzzo, la camorra ha una florida colonia. Basti pensare che, alcuni anni fa, un’operazione dei carabinieri portò alla disarticolazione un sodalizio composto da napoletani e abruzzesi dedito al traffico di droga e riconducibile al boss Salvatore Puccinelli del rione Traiano, anche lui coinvolto nell’inchiesta.

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