Noemi, seppellita viva a 16 anni e offesa nell'onore. «Non era una brava ragazza»: condannati per diffamazione i genitori del killer

A sinistra Noemi Durini. A destra, Lucio Marzo
A sinistra Noemi Durini. A destra, Lucio Marzo
Venerdì 16 Aprile 2021, 14:58 - Ultimo agg. 17 Aprile, 08:41
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Un anno al padre e sei mesi alla madre di Lucio Marzo, condannato in via definitiva a 18 anni ed 8 mesi di carcere per avere ucciso, il 3 settembre del 2017, la 16enne di Specchia Noemi Durini, sotterrandola ancora viva sotto a un cumulo di pietre nelle campagne di Castrignano del Capo. Biagio Marzo e Rocchetta Rizzelli, 65 e 56 anni, di Alessano, sono stati condannati per diffamazione dal giudice della prima sezione penale del Tribunale di Lecce, Roberto Tanisi. Rispondono dei giudizi dati su Noemi nella trasmissione televisiva “Chi l'ha visto” del 20 settembre del 2017, durante la quale proferirono le parole riportate nel capo di imputazione dell'inchiesta condotta dal pubblico ministero Roberta Licci: «Era una ragazza notturna, altro che solare, si è infilata in casa di notte...a me lo ha detto chiaramente “ti devo fare impazzire”...aveva problemi, era gelosa...si è chiusa nell'armadio e poi è andata a letto con mio figlio...ma la ragazzina aveva un bagaglio di esperienza molto più grande».

 

Le frasi offensive

Nel capo di imputazione si parla anche di circostanze emerse nell'inchiesta sull'omicidio della ragazza: «Era tutt'altro che una brava ragazza», ancora le parole dei genitori di Lucio Marzo. «Si accompagnava con delinquenti di 30-40 anni, una ragazzina di 16 e non voglio andare oltre...addirittura aveva dato i soldi ad un certo tipo per comprare una pistola e per sparaci, addirittura incitava mio figlio perché ci scannasse tutti».

Fu questa la tesi sposata dai genitori per sostenere che Lucio ammazzò Noemi per necessità: per salvare le loro vite. Tesi ritenuta infondata dai tre gradi di giudizio. Immacolata Rizzo, madre di Noemi, ha dato il via al procedimento penale presentando all'epoca un esposto e oggi era parte civile assistita dall'avvocata Tiziana Cecere del foro di Bari ed esponente dell'associazione “Fermi con le mani”.

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