Omicidio Mollicone, la donna delle pulizie: «Non ho visto Serena in caserma»

Omicidio Mollicone, la donna delle pulizie: «Non ho visto Serena in caserma»
Omicidio Mollicone, la donna delle pulizie: «Non ho visto Serena in caserma»
di Vincenzo Caramadre
Venerdì 3 Dicembre 2021, 21:43 - Ultimo agg. 4 Dicembre, 08:11
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L’omicidio di Serena Mollicone non è collegato ad un movente a sfondo sessuale. È quanto emerso ieri dinanzi alla Corte d’assise di Cassino, a sostenerlo il colonnello Giampietro Lago, direttore scientifico dei Ris di Parma, all’epoca delle indagini ai Ris di Roma. La conclusione è arrivata dopo l’analisi degli indumenti e altri 12 reperti della 18enne dove non sono state trovate macchie di liquido seminale e saliva. Ma l’ufficiale ha anche sottolineato che il corpo di Serena, subito dopo la morte, è stato impacchettato da una persona che utilizzava i guanti e che si trovava in luogo sicuro che permetteva di farlo.

Dunque il teatro dell’assassinio è diverso da dov’è stato trovato il corpo.

Ma ieri è stato anche il giorno di Rosa Mirarchi, l’attesa testimonianza della donna che dal 1995 al 2005, tre volte a settimana per un totale di sei ore, ha svolto le pulizie nella caserma di Arce. La teste non ha collocato Serena all’interno della caserma quel venerdì primo giugno 2001 ed ha escluso di aver utilizzato l’acido per pulire l’appartamento dove si sarebbe consumato l’omicidio di Serena Mollicone.

«Non ho visto Serena in caserma», ha detto Mirarchi. Tanti a seguire i non ricordo, ma ha comunque escluso di aver sentito urla o altre stranezze il giorno dell’omicidio all’interno della stazione dei carabinieri. Nel racconto della donna delle pulizie c’è stata una sovrapposizione di piani tra l’appartamento a trattativa privata, posto al primo piano dove si sarebbe consumata l’omicidio e quello superiore dove viveva la famiglia Mottola e la porta con il segno di effrazione, contro la quale sarebbe stata sbattuta la studentessa. La pulizia sarebbe avvenuta al primo piano, mentre la porta è stata collocata al secondo, nell’alloggio dei Mottola. L’accusa ha dato centralità alla testimonianza perché la Mirarchi avrebbe ripulito su richiesta dalla moglie del maresciallo, in maniere assolutamente inconsapevole, la presunta scena del crimine.

«Anna Mottola mi chiese di pulire l’appartamento a trattativa privata perché dovevano fare una festa e c’era del cemento incrostato ai lati del pavimento. Di mia iniziativa utilizzai un prodotto disincrostante, che chiamo acido ma non lo è», ha detto la teste. L’acido, invece, lo ha versato nel bagno della stessa struttura per sanificare la vasca da bagno dove c’erano macchie di ruggine. Alla donna i pm hanno contestato le diverse versioni fornite nel corso degli interrogatori dal 2007 al 2016.

Dinanzi alla corte non ha collocato temporalmente, al primo giugno 2001, i tre elementi valorizzati in maniera particolare dagli inquirenti: l’incontro con il maresciallo Franco Mottola sulle scale interne alla caserma, il tonfo sentito dall’alloggio della famiglia Mottola e la presenza in caserma di una ragazza. Il maggiore Cesare Raponi, invece, ha ricostruito partendo dal 2012 le varie consulenze di natura biologica sui vestiti di Serena e sul nastro adesivo, dove sono stati isolati due tracce di dna, una della vittima e un’altra di un uomo, ma non appartenente a nessuno degli imputati. Nessun traccia riconducibile agli imputati neanche sulla porta e sotto le unghie della vittima. Il maresciallo Pletto, infine, ha ricostruito le fasi delle indagini.

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