Gabriele Bianchi scrive dal carcere: «Non ho toccato Willy nemmeno con un dito»

Gabriele Bianchi scrive dal carcere: «Non ho toccato Willy nemmeno con un dito»
Venerdì 25 Febbraio 2022, 16:37 - Ultimo agg. 26 Febbraio, 11:41
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«Non ho toccato Willy nemmeno con un dito. L’unico vero responsabile della morte di quel ragazzo pieno di vita è Francesco Belleggia. È stato lui a scatenare la lite quella notte, lui a colpire Willy con un calcio al collo quando era in ginocchio, in procinto di alzarsi». Inizia così la lunga lettera inviata dal carcere di Rebibbia all'Adnkronos da Gabriele Bianchi, imputato, insieme al fratello Marco e a Francesco Belleggia, per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, il 21enne di origini capoverdiane picchiato a morte la notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 a Colleferro.

«Quattro fogli bianchi scritti in una grafia elementare e stretta», annota l'agenzia stampa, in cui Gabriele, oltre a discolpare se stesso e il fratello puntando il dito contro Belleggia, parla degli 11 mesi trascorsi in isolamento e dei giorni che ora trascorre con gli altri detenuti, della fede, del figlio nato, del linciaggio che i media avrebbero riservato a lui e a Marco. 

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 «Sono ormai 17 mesi che vivo da recluso in carcere, dopo 11 mesi passati in isolamento  - scrive Gabriele -  Mesi che sono sembrati anni, giorni interminabili scanditi unicamente da una doccia e un’ora d’aria in cunicoli di cemento armato. Ho sofferto immensamente, mandavo di continuo richieste al giudice e alla direttrice perché potessi accedere alla sala comune. Ogni volta mi rispondevano di no, temendo problemi in sezione con gli altri detenuti ‘fomentatì dall’immagine che di me e di mio fratello davano i telegiornali. Sono stato dipinto come un mostro assassino, ho assistito inerme alle bugie e agli insulti di cui persone sconosciute invadevano i profili social mio e di Marco - continua Gabriele - È orribile vedere le proprie foto in televisione, essere accusato di un crimine che noi - usa il plurale, riferendosi anche al fratello - non abbiamo mai commesso.

Sono state prese di mira anche le persone a noi vicine, distrutte le nostre vite. Senza sapere che il vero colpevole della morte del povero Willy è Francesco Belleggia».

Gabriele Bianchi smentisce di aver avuto di problemi di convivenza miei e di mio fratello con gli altri detenuti, «arrivati addirittura a sputarci sui piatti», come riferito da alcuni organi di informazione.  Poi sostiene, come aveva già detto in aula, che anche i testimoni sono «condizionati dai media»   e «hanno stravolto le loro dichiarazioni inventandosi colpi mai sferrati».

Il giovane poi scrive che avrebbe voluto scrivere alla mamma di Willy ma non lo ha fatto per paura di essere frainteso: «Pagherei oro per poter guardare negli occhi quella donna, dirle che mi dispiace immensamente per  Willy, che capisco il suo dolore, essendo padre. Ma non ho toccato suo figlio nemmeno con un dito».

Ora Gabriele Bianchi non si trova più in isolamento: «Ad oggi sono recluso nella sezione G12 - racconta - in cella siamo in sei e non ho mai avuto problemi, vado d’accordo con tutti, anche con i detenuti delle altre sezioni. La mattina vado a scuola, sono al quarto anno del corso di perito informatico, il pomeriggio mi alleno per tenermi in forma, il mercoledì mattina poi prendo lezioni di pianoforte mentre il sabato pomeriggio vado a messa. Ho presentato decine di richieste per poter lavorare, così da non pesare sulle spalle di mia moglie e della mia famiglia. E poi prego. Prego tutte le notti che la giustizia trovi il vero responsabile della morte di Willy, per la mamma in primis e per tutti i suoi familiari poi. Confido nella giustizia». 

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